Alluvione in Emilia Romagna

La storia della docente lucana a Faenza: «Resto qui per dare una mano»

Massimo Brancati

Angela Bochicchio, 29 anni: «Non torno a Potenza, c’è bisogno anche di me». Il racconto: «Ho visto un’onda di notte avvicinarsi minacciosa alle case»

POTENZA - Aveva la possibilità di fuggire da quell'inferno d'acqua. Di scappare a seicento chilometri di distanza, tornando nella sua città, Potenza. Ma ha deciso di restare, di lottare, di aiutare i suoi vicini di casa, di restituire a Faenza l'amore e la disponibilità che ha trovato dal primo giorno. Angela Bochicchio, 29 anni, potentina, insegnante di italiano in una scuola del centro del Ravennate (Itip Luigi Bucci), sta vivendo in prima persona l'incubo di un territorio devastato dalla pioggia, da un maltempo che non concede tregua.

Il suo appartamento, al secondo piano di un edificio, è sfuggito alla furia del fiume ma lei è scesa in strada al pari di chi ha perso tutto. Perché vuole dare una mano, forte dell'esperienza maturata nel gruppo comunale di Potenza della Protezione civile. «Qui – dice – è una città fantasma. Le immagini in tv non rappresentano esattamente la realtà che stiamo vivendo. Nei giorni scorsi l'acqua, ora combattiamo contro il fango in uno scenario davvero apocalittico».

Le previsioni meteo avevano messo in guardia da possibili alluvioni. Eravate consapevoli del rischio?

«Ci avevano avvisato, sì. Ma nessuno poteva immaginare ciò che è accaduto. In città mai vista una cosa simile. Lunedì scorso ero in classe con i miei alunni mentre fuori pioveva e di lì a poco il sindaco ha diramato l'allerta meteo disponendo la chiusura delle scuole a partire dal giorno dopo. E proprio nella notte di martedì i fiumi che attraversano Faenza sono esondati, a cominciare dal Lamone, il principale responsabile di questa devastazione. Ha distrutto tutto».

Dove si trovava in quel momento?

«A casa, un appartamento nei pressi del centro. Ho visto arrivare un'onda spaventosa che, per fortuna, non ha raggiunto il secondo piano dove abito. Abbiamo comunque trascorso la notte sul terrazzo, come ci è stato consigliato di fare».

Avrà quindi assistito ai primi soccorsi...

«Momenti terribili. La scena che non dimenticherò mai è stata quella degli elicotteri che salvavano le persone aggrappate sui tetti. Sembrava un film, ma era tremendamente vero».

Purtroppo le previsioni meteo annunciano altra pioggia...

«Lo so. Non a caso siamo ancora in regime di allerta rossa. Qui c'è tanta paura, apprensione per quello che potrebbe succedere ancora, ma non rassegnazione. Si lotta. E si lotterà sempre. Stiamo ripulendo le strade, le case e i locali dal fango e se arriverà altra acqua saremo sempre qui in prima linea per tentare di limitare i danni e aiutare chi è in difficoltà. Oggi con un’amica stiamo liberando da fango e acqua l’appartamento di una nostra vicina di casa, ma siamo disponibili a dare una mano a chiunque ne abbia bisogno. Non vediamo il sole da un mese, una situazione sfiancante, deprimente, ma da queste parti la gente è tosta, determinata, animata da tanta forza di volontà. Sono in una città che mi ha adottata e a cui voglio molto bene».

Perché proprio a Faenza? Cosa l’ha portata in quella città?

«È qui che ho realizzato il mio sogno di insegnare. Sono arrivata subito dopo la laurea e sono stata accolta alla grande. Ho trovato tanta disponibilità e unione. Mi sento parte integrante di questa comunità e voglio essere utile in questo difficile momento. La mia famiglia mi ha chiesto di tornare a Potenza, ma non ce l'ho fatta a lasciarmi dietro questo scenario di sofferenza. C'è bisogno di aiuto e i volontari, nonostante il continuo flusso, non bastano mai».

Ma tutto questo disastro poteva essere evitato? Ci sono le immancabili polemiche sulla speculazione edilizia, sui piani regolatori, sulla decisione di costruire a ridosso dei fiumi...

«Non è il momento di fare polemiche sulla costruzione delle case, siamo nelle mani di Dio. Io credo che sia una fatalità. È accaduto qualcosa di straordinario, inedito nella storia di Faenza e dell'Emilia Romagna tutta».

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