Coronavirus
Basilicata, la variante inglese è nel 70% dei contagi
A Corleto Perticara scoppiato un focolaio in un centro di accoglienza migranti
In Basilicata la variante inglese del Covid sta prendendo il posto del virus originario. Un «passaggio di testimone» certificato dagli studi e da analisi accurate su una serie di campioni. Lo sottolinea il dott. Domenico Dell’Edera, 52 anni, direttore dell’Unità operativa dipartimentale Laboratorio di Genetica Medica dell’ospedale «Madonna delle Grazie» di Matera. Guida uno staff costituito dalla dottoressa Arianna Allegretti e da due tecniche di laboratorio Angela Mitidieri e Francesca Simone. Quattro professionisti sottoposti a un tour de force quotidiano all’interno di un laboratorio che rientra tra i 73 individuati a livello nazionale per il sequenziamento del genoma del virus. Uno di quei centri, insomma, impegnati a scovare le mutazioni del «maledetto» Covid.
Dottore, quindi siamo invasi dalla variante inglese?
«Direi che oggi un buon 70 per cento dei contagiati in Basilicata ha a che fare con la variante».
Quella inglese, certo. Ma ce ne sono altre?
«Una trentina».
Ne ha trovate altre durante le sue analisi?
«Abbiamo scoperto che circola nel nostro territorio anche la variante spagnola, assente, per esempio, nella vicina Puglia».
Differenze?
«Quella inglese è più virulenta e contagiosa rispetto alla spagnola».
Come si sviluppa il vostro lavoro di laboratorio?
«Ci mandano campioni che rispondono a determinati requisiti in base ai quali c’è il sospetto che possano trattarsi di varianti del Covid».
Quali sono questi requisiti?
«Soggetti più volte positivi al test oppure focolai all’interno di comunità ristrette o, ancora, bambini infetti, visto che generalmente il virus ancestrale non ha grosso attecchimento sui più giovani».
Quanti campioni analizzate mediamente?
«Il loro numero è in rapporto alla nostra popolazione: facendo il calcolo, in base ai parametri individuati a livello nazionale, dovremmo sequenziare il 5 per cento dei campioni totali italiani in loco. Ogni mese inviamo i dati all’Istituto superiore della Sanità e li carichiamo sul software internazionale «G-said», creato per mappare le varianti del virus, al quale confluiscono laboratori di tutto il mondo».
Da quanto tempo è attivo il laboratorio di genetica a Matera?
«Dal 2000. Ci occupiamo, in particolare, di studi di genetica e di diagnostica prenatale per prevenzione di patologie cromosomiche».
Poi è arrivato il Covid con le sue mutazioni...
«Già. All’inizio la questione delle varianti era centralizzata, se ne occupava solo l’istituto Spallanzani di Roma, ma hanno subito capito che da soli non ce la facevano. Rischiavano di essere travolti da uno tsunami. Al che hanno individuato i laboratori di riferimento territoriali tra cui il mio. Avevamo già la necessaria strumentazione «Next generetion sequency», pertanto è stato necessario solo acquistare i kit».
Nel suo laboratorio siete in pochi. Riuscite a far fronte a un prevedibile aumento di richieste?
«Ci vorrebbe qualche rinforzo, inutile negarlo, anche perché tenga conto che intercettiamo istanze anche dall’alta Murgia considerando che un altro laboratorio di genetica c’è solo a Bari. Siamo stati tempestati da telefonate soprattutto durante il blocco di Astrazeneca, dal momento che studiamo anche i soggetti predisposti alle trombosi».
E c’è un nesso tra vaccino e trombosi?
«No, il vaccino non ha un effetto pro-trombotico. Lo ha certificato anche l’Aifa».
Ci racconti un po’ di lei. Dove ha studiato, qual è stato il suo percorso professionale?
«Mi sono laureato a La Sapienza, specializzato in genetica medica. Poi ho seguito un master in Belgio e sono tornato in Italia per ricoprire il ruolo di direttore a contratto dell’Istituto di ricerca di Castellana Grotte. Grazie allo scorrimento di graduatoria di un concorso che avevo fatto a Matera mi ritrovo alla guida del laboratorio. Alla mia formazione hanno contribuito in maniera determinante professori come Giuseppe Novelli, Bruno Dalla Piccola, attuale direttore scientifico del «Bambino Gesù» di Roma, Laura Rienzi e Filippo Ubaldi».