Landini, il più grande paradosso industriale

TARANTO - «L'Ilva di Taranto è il più grande paradosso industriale italiano: una fabbrica dalle potenzialità straordinarie ridotta a problema sociale, ambientale, economico. È questa l’eredità pesante della gestione della famiglia Riva, fatta di arricchimento personale e speculazioni finanziarie, sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente, miopia aziendale». Lo afferma il segretario nazionale della Fiom Maurizio Landini in una lettera alla vigilia del rinnovo delle Rsu nello stabilimento di Taranto.

Queste, aggiunge Landini, sono «caratteristiche che hanno portato al collasso dell’impresa e del territorio, rovinando l'esistenza e la salute di chi lavora all’Ilva e di chi ci vive attorno. Fino a metterne a rischio la stessa vita con un tasso di mortalità per inquinamento e una quantità di morti sul lavoro che non trovano riscontro in nessun altra parte d’Italia. Ma tutto questo non è inevitabile».

«Oggi, con il commissariamento e la messa in vendita del gruppo, siamo a un momento cruciale - osserva ancora il leader della Fiom - per il futuro dello stabilimento e dell’intero gruppo, per il domani dei lavoratori e dei cittadini di Taranto. Si può dare un futuro industriale a Taranto, si può produrre acciaio senza distruggere la vita di chi lavora e di chi ci sta attorno, come si fa nelle parti più progredite del mondo».

Il problema, sostiene Landini, «è che finora non c'è stata la volontà di farlo. Da quando è esploso il 'caso Tarantò si sono persi troppi anni e dilapidati inutilmente troppi soldi pubblici. Ora non c'è più altro tempo da perdere e serve una vera svolta che riconiughi le ragioni dell’ambiente con quelle del lavoro, il diritto alla salute dei lavoratori con quello dei cittadini. Per trovare una soluzione al 'caso Tarantò - conclude Landini - non basta una nuova proprietà, è necessario che in essa trovi spazio l’intervento pubblico, attraverso la Cassa depositi e prestiti, in modo che il governo garantisca gli investimenti necessari e la loro finalizzazione a una politica industriale di svolta che tuteli il lavoro, l’occupazione, l'ambiente».

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