«Nessun rischio per chi ha mangiato il pesce le fibre sono killer solo quando respirate»

L’unità ospedaliera di Medicina del lavoro del policlinico di Bari, è l’unica in Puglia dotata (da 15 anni) di un ambulatorio dedicato esclusivamente agli ex esposti all’amianto. La dirige il dottor Raffaele Molinini che proprio poco tempo fa, nel corso di un convegno scientifico, ha illustrato i dati dell’Inail che disegnano la Puglia come la regione più critica d’Italia. 
Dottore partiamo dalla normativa prevista dalla legge 257 del 92. 
È quella che si occupa dei benefici ai fini pensionistici degli esposti all’amianto. 
I dati che riguardano la Puglia? 
Sono appunto quelli che ho illustrato nell’ambito di un recente convegno scientifico e che sono stati - come detto - forniti dall’Inail. Al 24 ottobre del 2007 la Puglia aveva 31.902 domande riconosciute, ovvero il 20,28 per cento del totale. 
Rispetto al resto dell’Italia? 
Siamo primi in questa specie di classifica nera. Precedendo per esempio i 25.200 casi riconosciuti della Liguria e i 15.850 della Campania, quest’ultima la regione per cui al tempo fu realizzata la legge 257, dopo l’allarme per le officine ferroviarie. Poi a seguire c’è il Piemonte, con 13.593 casi, la Lombardia e la Toscana con poco più di 10.000 riconoscimenti e così via fino alle ultime regioni, l’Abruzzo, 605 riconoscimenti, il Trentino, 527 e il Molise con zero casi. 
E in Puglia qual è la situazione della provincia di Bari? 
La maglia nera va alla città di Taranto, per motivi legati all’inquinamento ambientale che sono ben noti. I dati per città sono più recenti e risalgono al 13 marzo 2009. Dunque, il capoluogo jonico aveva 33.938 riconoscimenti di esposizione al rischio amianto per fini previdenziali. A seguire Brindisi, con 2.760 casi e quindi Bari, con 1.263 riconoscimenti. E ancora, Foggia, 790, Lecce, 470 e la Bat con 68 riconoscimenti. Una curiosità, quelli complessivi, a livello regionale, dal 2007 al 2009 sono cresciuti in Puglia, passando da 31.902 a 39.289 complessivi. 
E veniamo al caso ex Alco Palmera. Un’azienda in cui si lavoravano prodotti alimentari. Un rischio in più? 
Il killer nell’amianto è rappresentato dalle fibre, più sono sottili e più sono pericolose e gli effetti lesivi sono quasi esclusivamente quelli a livello polmonare. È pericoloso, in altre parole, «respirare» questa sostanza che poi può dar luogo ad una serie di patologie anche estremamente gravi. Penso al carcinoma del polmone, all’asbestosi, alle placche della pleura e al famigerato mesotelioma, una forma tumorale generalmente molto rara, ma di fatto, diciamo meno rara nei soggetti che hanno lavorato l’amianto.
Insomma chi ha mangiato tonno lavorato e inscatolato in quell’azienda alimentare (che beninteso è chiusa dal 1996) può stare tranquillo? 
Direi proprio di sì. C’è uno studio molto interessante effettuato alcuni anni fa negli Stati Uniti. Furono seguiti per anni gli utenti di vari tipi di acquedotti. In particolare, il paragone fu fatto con quelli che erano serviti da un sistema di condotte fatte in cemento-amianto e alla fine non furono rinvenute grandi differenze con gli altri a livello di situazioni patologiche. Segno che - come ho detto - l’amianto, le fibre dell’amianto, non devono essere respirate. 
[rob. calp.]
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