l'Intervista

Crediamo al futuro e ci sveglieremo: parla Marco Tronchetti Provera, che sostiene «Il Libro Possibile»

ENRICA SIMONETTI

Senza lettura non si cresce: così l'amministratore delegato e vicepresidente Pirelli

Incontriamo Marco Tronchetti Provera appena arrivato in Puglia, a Polignano a Mare, per la serata del Festival «Il Libro Possibile»: l'uomo che crede saldamente nel futuro guarda lo scorcio infinito di mare oltre l'incanto del centro storico arroccato sugli scogli e s'inonda di speranza, dicendo «Ricominciamo dalla fiducia, recuperiamo l'opportunità che questi mesi terribili ci consegnano». Amministratore delegato e vicepresidente esecutivo del Gruppo Pirelli, Tronchetti Provera è stato protagonista con Walter Veltroni e Marco Tardelli della grande serata del Festival sostenuto per il terzo anno da Pirelli insieme alla Regione Puglia e coordinato da Rosella Santoro. Crisi, Sud, pandemia e sport sono i temi di questa intervista che non poteva non partire dall'icona di questo Festival: il libro.

La lettura, i dialoghi con gli autori e la cultura come impresa: crede anche in questo futuro? 

«Ci credo eccome. Questo appuntamento di Polignano è importante perché rimette al centro chi scrive e chi riflette: non riesco a immaginare una formazione senza libro e sono convinto del fatto che un Paese cresce in modo equo se la sua educazione culturale è adeguata. Per questo, visto che mi chiedeva del “mecenatismo”, credo che sia necessario coglierne le opportunità, in modo che ciascuna impresa, in base alle possibilità possa fornire il suo supporto, dando così un contributo alla formazione “in toto” del Paese».

Lo Stato fa o non fa abbastanza per la cultura?

«Da decenni il mondo della cultura vive sorti alterne e a volte la ricerca di consenso non aiuta a fare le scelte giuste che sono invece legate a una progettualità».

La crisi e la pandemia non aiutano...

«Sì e ancora di più è importante avere pochi progetti concreti che riguardino la formazione nelle scuole e nelle università, e poi investire a supporto della straordinaria energia creativa degli italiani. Guardi, noi raccontiamo sempre il nostro Paese in negativo e facciamo male. Dobbiamo invece fare in modo che possano liberarsi le energie positive dell'Italia, alimentate anche da una creatività e da una bellezza paesaggistica uniche al mondo».

Occasioni che spesso la politica non coglie abbastanza?

«Ignoriamo da tempo quello che il Paese a volte vorrebbe, gli investimenti e i progetti giusti capaci di farlo crescere. Vince la superficialità e l’approssimazione, soprattutto in certa politica. Si sceglie di comunicare a colpi di tweet che volano via come farfalle, senza lasciare traccia. Pensieri che non fanno certamente la storia e a volte neppure la cronaca. Puntano solamente a fare leva sugli istinti. Anche per questo il libro e la cultura, che implicano profondità e capacità di analisi, sono fondamentali».

Intanto la Cina avanza, anche nonostante il virus. Cosa pensa di chi dice che l'egemonia economica rischia di orientalizzare l'Europa?

«Si vive molto meglio in Italia, ci mancherebbe. Io dico che il progetto di rilancio, anche dopo la catastrofe della pandemia, ci ha fatto capire la straordinaria forza dell'Europa. Tutto quello che è accaduto ha spiazzato anche gli antieuropeisti. Questo momento può essere un’occasione unica: dobbiamo porci come soggetti, non certo come vassalli. Punto fondamentale è spendere bene le risorse che arriveranno dalla UE, avere progetti concreti e cogliere l'opportunità per ricominciare».

Come ha vissuto il lockdown?

«Lavorando più di prima, rivedendo le scelte di fronte ad un mondo che all'improvviso pareva restringersi. Lei prima accennava al rapporto tra digitale e carta stampata: ecco, durante i mesi caldi della pandemia la gente ha ritrovato fiducia nei giornali, nelle firme autorevoli, ascoltando meno chi fa leva sull’odio e le paure attraverso i social media e il web».

Calcio: parliamo di Inter.

«Ha una domanda di riserva? Con un battuta le dico che il futuro lo vedo benissimo, il presente non lo commento».

E il futuro del Sud?

«Su questo sono fiducioso: come dicevo, ripartendo da progetti di breve e medio termine si può superare la disattenzione degli ultimi decenni. Le radici della cultura sono qui a Sud, il Centro di Studi Crociani è a Napoli, il Mezzogiorno ha un grande potenziale, anche dal punto di vista lavorativo, che deve contribuire a destare orgoglio per l’Italia. Il Sud deve poter avere l'occasione giusta per mostrare le sue capacità, la sua energia e quella potenzialità positiva che dobbiamo tutti riscoprire per ricostruire il nostro Paese».

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