Amarcord
Cuba ‘62, il mondo verso la catastrofe
Il 14 ottobre le prime foto dei missili nucleari. La guerra Usa - Urss evitata con un accordo segreto che fece smantellare le basi di lancio da Puglia e Basilicata
Oggi sessant'anni fa... Il 14 ottobre 1962 era una domenica mattina. Nelle primissime ore che seguono la mezzanotte del sabato, il maggiore Richard S. Heyser, pilota dell'Usaf, decolla dalla base di Edwards, nel deserto della California, ai comandi dell'aereo-spia U-2F (sigla USAF 66675). La missione è la 3101 (nome in codice «Brass knob», «manopola di ottone») ed è stata ordinata direttamente dalla Cia, l'agenzia di intelligence.
Bucato il tetto di nuvole e dopo aver sorvolato il Golfo del Messico e il Canale dello Yucatan, penetra a 24 chilometri di altitudine sulla Cuba di Fidel Castro, grande alleata dell'Unione Sovietica. In meno di 7 minuti le potenti fotocamere installate sul velivolo scattano 928 fotografie. Temendo reazioni dei missili terra-aria ma senza ricevere alcun attacco, Heyser vira quindi a nord e termina la sua missione atterrando alle 9,20 del mattino sulla pista della base McCoy, presso Orlando (Florida).
Le pellicole vengono spedite immediatamente a Washington, sotto scorta armata, e a mezzogiorno del giorno seguente gli analisti del National Photographic Intelligence Center (aiutati da un'ex spia militare sovietica del Gru, Oleg Penkosvky) hanno la conferma dei sospetti che nutrivano dall’estate precedente: a San Cristobal (circa 80 chilometri a sud ovest dell'Avana, la capitale di Cuba) l'U2 66675 ha fotografato i sistemi di lancio e le attrezzature per i missili nucleari sovietici R-12.
Per il Pentagono e la Casa Bianca è uno choc: praticamente quasi tutto il territorio statunitense è sotto tiro. Un coltello puntato dal presidente Nikita Kruscev alla gola del presidente John Fitzgerald Kennedy per aumentare le proprie capacità offensive e cercare di appropriarsi di Berlino Ovest, riunificando la città tedesca divisa in due sotto lo scudo dei Paesi a regime comunista. Via mare, il Cremlino («Operazione Anadyr») stava trasportando sull'isola a 90 miglia dalla Florida il materiale e gli ordigni nucleari per armare 40 stazioni di lancio.
Kennedy viene informato la mattina del 16 ottobre e ha inizio la «crisi dei 13 giorni» (Thirteen days il film con Kevin Costner del 2000) che portò il mondo sull'orlo di una guerra atomica. Due settimane di fuoco, paragonate dall'attuale presidente Biden al pericolosissimo confronto politico-militare con la Russia di queste settimane per la crisi dell'Ucraina.
Il Pentagono dispiega un blocco navale intorno a Cuba, l'escalation sale.
Da Roma il 25 ottobre l'appello di Papa Giovanni XXIII (il «Radiomessaggio per l'intesa e la concordia tra i popoli» diffuso anche dalla radio di Stato russa) per la pace, cui seguirono trattative segrete attraverso i canali del Vaticano (negli Stati Uniti mediò fra gli altri il frate Domenicano Felix Morlion, negli anni seguenti implicato nel sequestro Moro) e fra emissari di Mosca e Washington.
Il giorno dopo Kruscev offrì di ritirare i missili da Cuba in cambio della garanzia che gli Usa non avrebbero mai più attaccato Cuba, né appoggiato un'invasione (nell'aprile 1961 c’era stato il disastroso tentativo nella Baia dei Porci).
Il 27 ottobre uno degli U-2 della Cia in ricognizione sull'isola viene abbattuto con un missile terra-aria e il pilota (maggiore Rudolf Anderson) rimane ucciso, i bombardieri nucleari americani sono in preallerta continua. Kennedy accetta, il mondo tira un sospiro di sollievo.
Ma c'è un capitolo segreto che verrà rivelato decenni dopo: in cambio il Pentagono smantellerà le stazioni di lancio dei missili nucleari Jupiter installate nel 1960 in Puglia (Gioia del Colle, Mottola, Laterza, Altamura, Gravina, Spinazzola, Acquaviva delle Fonti, Matera e Irsina) e dalla Turchia. L'anno seguente (novembre 1963) JFK viene ucciso a Dallas, il terrore di una guerra nucleare prenderà altre strade.