«Giornate del lavoro 2023»
L'ira della Cgil risuona da Matera: «Regione in difficoltà per Sanità e Stellantis»
Il segretario Cgil Mega denuncia: «Sulle liste d’attesa s’è fatto poco. L'Agenas: «Va corretto il sistema ospedaliero rinforzando la rete delle emergenze»
MATERA - Il sistema sanitario lucano è in piena crisi, a causa di una cattiva gestione politico-amministrativa, con numeri che collocano la Basilicata in fondo alla classifica nazionale, seguita dalla sola Calabria. Il dato è emerso ieri, nel corso della prima delle due «Giornate del lavoro 2023», organizzate per l’undicesimo anno dalla Cgil regionale in piazza San Giovanni a Matera. «Un mondo nuovo», questo lo slogan scelto dal primo sindacato italiano per lanciare le sue proposte su: «Sanità e diritto alla salute delle persone e delle comunità» a Matera, e oggi su: «Automotive e transizione ecologica» alle 17 in piazza Don Bosco a Potenza.
Sul palco materano il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega, con l’omologa nazionale, Daniela Barbaresi e Serena Sorrentino, segretaria generale Fp Cgil; poi, Domenico Mantoan, direttore generale dell’Agenas e collegato da remoto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Domani a Potenza si parlerà anche di Stellantis, che secondo Mega, è «insieme alla sanità, la seconda forte criticità per la Basilicata, segnata da un’ormai cronica fuga dei giovani».
fuga per cure Nel 2022, ogni cittadino lucano ha speso 125 euro per le cure fuori regione (a fronte dei 45 di media nazionale), che si sono tradotti in 69milioni di deficit a carico del bilancio regionale, a fronte dei 42 nel 2020. Dati che rappresentano la sfiducia del popolo lucano nel sistema sanitario regionale, a cui si aggiunge la percentuale di cittadini, perlopiù fragili e anziani, che rinunciano del tutto alle cure. Mega ha parlato della necessità di «una ripartenza dalla sanità pubblica e universale, a cui vanno garantite stabilità e competenze, rafforzando la medicina territoriale e rivedendo la rete ospedaliera», anche per ovviare alla «gran confusione che impera sulla sanità privata». «Il Fondo sanitario nazionale nel 2024 subirà dei tagli. La spesa scenderà del 2,4%, e nel 2026 si prevede il tasso più basso di finanziamento, in percentuale sul Prodotto interno lordo, degli ultimi anni, ovvero il 6,2%. In Italia ci sono 4 milioni di persone che non si curano perché non hanno i soldi, ma il dato potrebbe crescere ancora dopo il taglio delle misure di sostegno al reddito. Gli operatori sanitari sono pochi e vanno avanti tra salari inadeguati e turni massacranti. Un settore al collasso, se non interveniamo subito con investimenti e assunzioni». Quindi le critiche all’attuale gestione regionale: «L’azione di questo governo regionale sul recupero delle liste di attesa non è sufficiente. -ha spiegato Mega- Il recupero delle prestazioni ambulatoriali è stato del 34%, mentre la Regione ha utilizzato solo l’81% dei 4,6 milioni, stanziati a tale scopo dal governo nazionale. Il tutto approvando indirizzi strategici e indicazioni operative per il recupero dei tempi di attesa, senza alcun confronto preliminare con sindacati e addetti. Pesano le mancate nomine della Direzione delle aziende sanitarie».
CARENZA DI PERSONALE
C’è una diminuzione progressiva dei medici di famiglia in regione, da 475 nel 2019 a 435 nel 2021. Un calo dovuto in parte al grande numero di medici che sono andati in pensione nel 2022, oltre a quelli che lo faranno nel 2023. «Un’emorragia che mina il diritto alla salute dei lucani. -ha detto Mega- Secondo il Gimbe, nel 2025 in Basilicata il numero dei medici di Medicina generale diminuirà di ulteriori 36 unità rispetto al 2021. Mancano infermieri, specialisti in particolari discipline (pediatri, anestesisti, psichiatri). Tant’è che molti concorsi unici regionali vedono pochi partecipanti rispetto ai posti disponibili. Le carenze permangono, perché di fatto si è solo colmato il turnover. Poi c’è la questione salariale che riguarda anche lo stesso personale medico: le retribuzioni non sono adeguate e tra turni massacranti e responsabilità crescenti, tendono a prediligere il privato e le cooperative a gettone. La Basilicata è in coda anche sui Livelli minimi di assistenza (Lea), il dato peggiorerà con l’autonomia differenziata, che potrebbe dare un colpo fatale alla sanità nel Sud».
La segretaria nazionale, Daniela Barbaresi, ha chiesto dalla prossima legge di bilancio, «l’aumento di almeno 5 miliardi l’anno nei prossimi dieci anni per la sanità. Risorse per il potenziamento dei servizi di prevenzione, ospedalieri e territoriali, al fine di garantire a tutte e tutti il diritto alla salute e frenare il processo di privatizzazione del servizio sanitario nazionale, accelerato dalla destra al governo. È uno dei punti essenziali della piattaforma rivendicativa, che porteremo in piazza il prossimo 7 ottobre». Serena Sorrentino della Fp Cgil ha spiegato che «In Basilicata, a causa dei tetti di spesa, non riusciamo neanche a stabilizzare i precari. L’autonomia differenziata sarà il colpo ferale, che cancellerà di fatto l’universalità del diritto alla cura sancito dall’articolo 32 della Costituzione».
Ma secondo Mantoan dell’Agenas: «La Basilicata non è messa così male. In Italia il sistema sanitario è un patrimonio, perché con pochi soldi si producono risultati di salute importanti. Si sono accumulati una serie di micro errori, commessi nel passato e accentuati dal Covid, che oggi sono esplosi. C’è bisogno di soldi, ma bisogna investirli sulle liste d’attesa ed i professionisti della sanità, che devono tornare a lavorare nel pubblico e bisogna pagarli adeguatamente. La Regione Basilicata non approverà il suo Piano sanitario prima della prossima legislatura, occorre fare dei correttivi sul sistema ospedaliero tra Matera e Potenza, rinforzando la rete oncologica e quella tempo-dipendente come infarto e ictus. La migrazione sanitaria è un problema di tutto il Sud che va risolto, perché altrimenti si farà fatica a riprendersi».
Infine, secondo Cartabellotti della Fondazione Gimbe, «occorre tornare a investire sul capitale umano, medici e infermieri, perché quando si perde non è facile da riorganizzare senza programmazione e risorse, che oggi sono davvero poche dopo i tagli degli ultimi 15 anni. Bisogna rilanciare il finanziamento pubblico, per far sì che i medici non si rifugino nel privato, quindi con una clausola di esclusività che aumenti gli stipendi impedendo la commistione con il privato».