Memorie

A Copertino la reliquia del giudice e beato Livatino

Giovanni Greco

Una mostra nella masseria confiscata alla mafia leccese

COPERTINO - La testimonianza del giudice Rosario Livatino arriva a Copertino nella masseria «La Tenente» confiscata dieci anni fa alla malavita organizzata. Restaurata recentemente, la struttura accoglierà una mostra dedicata al magistrato ucciso dalla mafia nel 1990 e proclamato beato nel 2021. «Sub tutela Dei - Il giudice Rosario Livatino» è il titolo della rassegna che si terrà fino al 21 aprile promossa dalla Caritas della Diocesi di Nardò-Gallipoli diretta da don Giuseppe Venneri, affidataria della struttura. Da domani a domenica inoltre sarà esposta la camicia che indossava il magistrato al momento dell’omicidio avvenuto per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina. La reliquia sarà accolta alle 18 nel piazzale della chiesa di S. Giuseppe Patriarca dal vescovo mons. Fernando Filograna, a cui seguirà sabato e domenica un programma animato dal giudice Roberto Tanisi e da don Gero Manganello custode della reliquia.

La mostra, inaugurata ieri, è stata introdotta da un reading teatrale Il giudice Rosario Livatino scritto da Maria Francesca Mariano, giudice penale presso il Tribunale di Lecce, con la regia di Marco A. Romano.

«Abbiamo fortemente voluto la presenza della reliquia del giudice e martire Rosario Livatino e della mostra - ha detto don Venneri - perché la vita e le sue parole sono di un’attualità sconvolgente in un momento storico denso di turbamenti sociali».

Sin dal suo primo allestimento realizzato nel 2022 per il Meeting di Rimini da Libera Associazione Forense, Centro studi Rosario Livatino e Centro culturale Il Sentiero, la mostra ha avuto un boom di prenotazioni in 70 città italiane. «È l’attrattiva che nasce dallo stupore di fronte a un uomo che ha vissuto intensamente il lavoro e i rapporti dentro una circostanza drammatica - commenta la responsabile Alessandra Vitez -. La rassegna presenta i principali momenti della vita del magistrato, a partire dal giorno dell’agguato e della sua uccisione, seguita dalla sua formazione personale e umana. Vengono inoltre approfonditi la sua formazione professionale e il suo operato, rilevando come egli abbia risposto al difficile contesto sociale e alla scarsità di mezzi mettendo tutta la sua intelligenza, la passione, l’impegno e il rigore professionale nella ricerca della verità e della giustizia al servizio del bene comune, tanto da attirare l’attenzione dei mafiosi, che decisero di eliminarlo».

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