Nel basso Salento

Ugento, la lite tra cugini per la foto sulla lapide finisce in Tribunale

Redazione Lecce

La madre dell’imputato avrebbe espresso la volontà di non portare foto nel cimitero della cittadina salentina

UGENTO - Sono finiti davanti ad un giudici, due cugini, tra i quali non correva buon... sangue. Tutto per una foto lasciata su una lapide.

Accade ad Ugento (esattamente nella frazione Gemini) dove risiede uno dei due protagonisti della vicenda, mentre l’altro abita a Napoli.

Quello che risiede nel Salento ha denunciato la cugina partenopea perché nel cimitero di Ugento - dove è sepolta la propria madre - aveva appoggiato sulla mensola della lapide una foto della zia sepolta a Napoli.

La donna ha subito comunicato al cugino il suo disappunto per quel gesto spiegando che la madre (morta e sepolta a Napoli) aveva espresso la volontà di non apparire in fotografie che la ritraevano e, men che meno, al cimitero di Ugento.

Sebbene non avesse autorizzazione, dunque, il cugino salentino aveva comunque provveduto a sistemare accanto alla lapide della madre la foto della zia.

Un gesto non gradito dalla cugina arrivata in tutta fretta da Napoli per rtecarsi al cimitero togliendo di sua iniziativa la foto della madre e annunciando al cugino in questione e ad altri parenti che quella foto era in suo possesso ma che era ben disposta a consegnarla al «legittimo» proprietario e che aveva agito in quel modo per rispetto alle ultime volontà della madre.

Sta di fatto che la donna è finita così sotto processo per vilipendio di tomba e furto aggravato.

La difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Alberto Ghezzi, ha chiesto il rito abbreviato condizionato all’ascolto di una zia dei due protagonisti, residente a Ugento.

Come era facile prevedere, il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione per entrambi i capi d’imputazione, così come aveva anche sollecitato la difesa. La parte civile, assistitadall’avvocata Laura Remigi, aveva invece chiesto la condanna.

La giudice Bianca Maria Todaro ha assolto l’imputata «per particolare tenuità del fatto», con condanna però al pagamento delle spese di parte civile.

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