Il caso
Nardò, arriva l'assoluzione: «Non fu colpa sua, la vittima fece finire l'auto fuori strada»
L'incubo è finito per la donna. Il processo ha dimostrato che il compagno tentò un omicidio-suicidio ma fu lui l'unica vittima
NARDO' - Non solo non causò l’incidente stradale nel quale perse la vita l’ex compagno ma fu vittima di un tragico disegno nel quale, a perdere la vita, doveva essere proprio lei. Dopo un’odissea di quasi due anni il Tribunale di Lecce assolve con formula piena dall’accusa di omicidio stradale la neretina Irene Gabellone. Tutto ha inizio il 5 aprile 2021 attorno alle ore 18 quando Irene, classe 1977, alla guida di un’Opel Meriva percorre la provinciale 115 Leverano-Nardò, in direzione Nardò.
È il giorno di Pasquetta, accanto a lei in auto c’è il suo compagno dell’epoca. Ad un certo punto l’auto si ribalta nelle campagne dopo una lunga frenata. Il compagno di Irene, un operaio 44enne del posto, perde la vita. Irene viene invece ricoverata al reparto rianimazione dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. La dinamica dell’incidente appare subito poco chiara. Mentre l’auto su cui viaggiavano Irene Gabellone e l’uomo finisce oltre il guard-rail della provinciale, non sembrano coinvolti altri veicoli. Circolano anche voci dell’improvviso passaggio di un animale che possa “giustificare” una manovra altrimenti inspiegabile. Adesso invece, a un anno e mezzo da quella Pasquetta, emerge la verità. Non fu affatto Irene Gabellone a causare l’incidente stradale. Al contrario, Irene fu vittima di un tragico disegno di omicidio-suicidio ad opera del suo compagno dell’epoca.
È quanto emerso dalle dichiarazioni che la stessa Gabellone ha rilasciato ai magistrati ad aprile di un anno fa. La donna era infatti intenzionata a terminare la relazione con il suo compagno che, in preda a ire e minacce, reagì tentando – e riuscendoci – di far finire l’auto fuori strada. E solo per caso alla fine si è avuta una vittima e non due. Nessuna guida imprudente, nessuna superficialità al volante e nessuna colpa dunque da parte di Irene, ma solo tanta paura e fretta di tornare a casa, lontano da chi in quel momento continuava a minacciarla.
Fu l’uomo, ha ribadito la Gabellone ai magistrati, con una folle manovra repentina e improvvisa a “impossessarsi” del volante, effettuare una manovra antioraria nonostante il tratto di strada fosse rettilineo e far finire l’auto fuori strada. Un uomo che proprio pochi minuti prima dello schianto aveva costretto la Gabellone a mettersi alla guida. Tutti passaggi supportati da materiale probatorio audio e video fornito durante le udienze. C’è anche un filmato in cui Gabellone, che fino a poco prima dell’incidente non era alla guida, è costretta dall’uomo a scendere dall’auto e mettersi al volante. Le riprese sono dell’impianto di videosorveglianza di un distributore di carburanti tra Leverano e Veglie.
La verità emerge solo adesso. Per Irene Gabellone, difesa dall’avvocata Simonetta Martano, arriva dalla Procura della Repubblica di Lecce la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. «Due anni d’inferno. Due anni di ingiustizia. Due anni – racconta la donna – in cui dopo aver quasi perso la vita, arriva finalmente il giorno del riscatto. Grazie ai “giganti” che mi sono stati accanto, grazie al mio avvocato Simonetta Martano, agli amici del mio cuore e la mia famiglia tutta».
Non ha molta voglia di parlare, Irene, ma non nasconde la gioia di vedere scritto nero su bianco, sulle carte di un tribunale italiano, prova dopo prova, quello che accadde in quella Pasquetta del 2021, in cui da vittima mancata di un tragico incidente stradale volutamente provocato contro di lei, si è ritrovata invece indagata per omicidio stradale. «In questi lunghissimi mesi ho dovuto anche sopportare e subire le voci di chi ha visto in me la responsabile della morte di un uomo, quando la verità è l’esatto opposto. È stata la mia la vita a rischio».