dopo la messa in onda
La Taranta in tv non pizzica gli ascolti
Punti critici la seconda serata, l'assenza di diretta e della superfolla
Su Rai 2 La Notte della Taranta segna 412mila spettatori (4.1%). La messa in onda in seconda serata di venerdì 28 agosto non si può dire che non abbia penalizzato il Concertone registrato il 21 e 22 agosto a Melpignano. Nel 2019 Belen Rodriguez e Stefano De Martino con la co-conduzione del critico musicale Gino Castaldo avevano registrato, sulla stessa rete, 569mila spettatori con il 6.5% di share. Ovviamente le due situazioni non sono equiparabili, perché nel secondo caso c’era una diretta integrale sempre in seconda serata e, pur in presenza della normativa anti-terrorismo, c’erano 150mila pizzicati. E... non c’era stato il Covid-19. Lo tsunami della pandemia ha bloccato il mondo dello spettacolo a vari livelli, ma il «ragno», con tutte le precauzioni del caso, è andato avanti. Certamente, la Taranta senza il «suo» pubblico indiavolato, vissuta sul divano con la tivù di fronte doveva avere in sapore diverso e comunque inedito. C’è chi lo ha gustato appieno nei 90 minuti di trasmissione iniziata alle 23, grazie ad una regia elegante di Cristiano D’Alisera, alla fotografia di Marco Lucarelli, allo scenario degli Agostiniani, alla magnifica intelaiatura musicale del maestro concertatore Paolo Buonvino.
Un tappeto sonoro nel quale il tocco classico degli archi dell’Orchestra Roma Sinfonietta si è integrato con il ritmo e le voci dell’Orchestra popolare Ndt. Un pezzo di cultura antropologica del Salento è salito alla ribalta nazionale, dagli alberi di canto dell’Archivio Kurumuny - quanti conoscono la Simpatichina o Lucia De Pascalis o Uccio Aloisi - alle immagini delle tabacchine. Era l’occasione per riflettere su ciò che eravamo, terra e sudore, lavoro, sfruttamento e lotte per l’emancipazione, i migranti trattati come «noi terroni» per tanto tempo. Così ha annotato l’attore e regista pugliese Sergio Rubini, ribadendo il concetto del «tamburello che non si ferma», della piazza «cuore pulsante» di musica e danza e che tornerà ad esserlo.
Chi scrive non fa parte di chi desidera le superfolle purchessia, seppur la cronaca impone di tenerle in considerazione primaria. La 23esima edizione della Ndt ai tempi del Coronavirus ha insegnato che l’ascolto ludico può aiutare a guardarsi in profondità. Un concetto emerso dal rispetto con cui Buonvino e gli ospiti, Gianna Nannini, Diodato e Mahmood, si sono avvicinati a questa manifestazione partita nel 1998 e cresciuta in modo esponenziale di anno in anno percorrendo il pianeta. Discorso a sé quello del video a sorpresa con Jovanotti che canta «Mi devo muovere, sento un formicolio» nella dissolvenza di «Cent’anni sale». Sommessamente riteniamo che un super-ospite debba essere lanciato e pubblicizzato in modo imponente se si vuole ottenere un buon risultato.
Il maestro ha utilizzato batteria, tamburi, tamburelli, percussioni, strumenti della world music intrecciandoli in maniera sapiente con la sua elettronica. Un humus tenuto sotto controllo, mai sparato a mille decibel. Le pizziche col Corpo di Ballo c’erano, soprattutto nelle immagini da Gallipoli, Alberobello, Trani, Taranto, ma sempre orchestrate con raffinatezza. La stessa di abiti e costumi di Dior e delle coreografie di danza contemporanea di altissimo livello plastico dell’israeliana Sharon Eyal. C’è chi ha definito l’étoile canadese Darren Devaney «un’opera d’arte», come dargli torto... Ora, torna al lavoro la Fondazione, presieduta da Massimo Manera. Rivedremo Buonvino? La Taranta 2021 non è lontana.