Il caso
Gallipoli, legato a uno scoglio per attirare turisti: è polemica sul cigno Renzo
L’animale, nato e cresciuto in cattività, era stato acquistato con una colletta di 1.800 euro. L’imprenditore Sandro Quintana minaccia le vie legali. La forestale sequestra l'esemplare
GALLIPOLI - Un cigno legato con una corda a uno scoglio in mare per attirare i turisti: succede a Gallipoli. E la polemica scoppia. La storia ha radici profonde. Per 3 anni, un cigno ha scelto di vivere a ridosso del mare, cosa assolutamente insolita per un animale che per natura abita acque dolci. L'animale era diventato una sorta di attrazione, molti turisti andavano a vederlo per l'immancabile foto ricordo. Ma morto questo cigno, alcuni abitanti hanno sentito il bisogno di sostituirlo con un altro esemplare per mantenere vivo l'interesse dei visitatori, acquistando,con una colletta tra vari operatori commerciali, in un allevamento del nord Italia,un altro cigno, per la modica cifra di 1.800 euro.
L'animale, una volta arrivato, è stato legato a uno scoglio in prossimità del ristorante Marechiaro di proprietà di Sandro Quintana, che si è intestato la proprietà del cigno. L'animale è stato ribattezzato con il nome di Renzo.
In attesa dell’adattamento nel nuovo habitat però, il cigno reale era stato legato con una cordicella allo scoglio, con una pratica, a detta dei responsabili sui social, avallata da una biologa: l’animale tra l’altro ha le pinne remiganti tagliate, cosa che gli impedisce di volare e quindi di allontanarsi. Intanto ieri i carabinieri Forestali hanno deciso per il sequestro e il trasferimento a Calimera. Il tutto dopo che gli uomini della Forestale hanno accertato le condizioni di salute del cigno.
Immediata la polemica per i presunti maltrattamenti, tanto da far scendere in campo Legambiente e la Lipu con una nota ufficiale: «Una questione complicata -avevano sottolineato rispettivamente Maurizio Manna, e Giuseppe Mazzeo- non dal punto della sopravvivenza e qualità della vita del cigno in mare ma dal punto di vista giuridico e normativo, in particolare per quanto riguarda l’immissione del cigno nello specchio d’acqua di proprietà pubblica e non del privato proprietario.
«Trattandosi infatti di un animale nato e vissuto in costrizione – si legge nel comunicato – la sua immissione in ambiente aperto e semi naturale è, sicuramente, un miglioramento della sua condizione (fatta salva ovviamente la libertà del cigno di muoversi ed eventualmente allontanarsi in cerca di condizioni migliori), purché ovviamente esso venga assistito con un quantitativo di cibo idoneo e acqua dolce sufficiente e costante, e regolarmente controllato da un veterinario per monitorarne le condizioni generali e sanitarie».