Il caso

Lo operano per un'ernia, gli tolgono un testicolo: risarcito

Redazione on line

Il tribunale di Lecce ha condannato un chirurgo e una casa di cura per i danni provocati a un giovane

Un ventenne si risveglia dall’anestesia pensando di aver risolto il suo modesto problema legato ad una ernia inguinale. Invece si ritrova anche senza un testicolo. Il giudice della prima sezione civile del Tribunale di Lecce ha condannato un chirurgo e una casa di cura della zona a risarcire il giovane uomo con 40mila euro per il danno biologico e morale, oltre a 20mila euro di spese. Al posto dell’organo ormai atrofizzato, l’uomo che oggi è quasi trentenne ha dovuto sottoporsi ad un intervento di chirurgia estetica per l’impianto di una protesi in silicone che simuli la sacca mancante. La vicenda, infatti, si è verificata nel 2010 quando il medico, avendo ricevuto il suo paziente per un consulto, lo ha immediatamente consigliato di farsi operare per eliminare quel fastidioso problema che avrebbe potuto causargli guai peggiori. Un intervento caldeggiato dal chirurgo ed effettuato con celerità.

Ma sarebbero state proprio le manovre chirurgiche, evidentemente errate, a causare una “ischemia” al testicolo destro, divenuto atrofico e completamente “ritiratosi”. Nel corso del giudizio il magistrato ha chiesto l’ausilio di un consulente medico che, dopo aver esaminato la documentazione clinica e le deduzioni del dottor Personè, medico legale che ha supportato il ragazzo, ha verificato il nesso causale tra l’intervento chirurgico e l’atrofia del testicolo.

«Nel determinare il risarcimento - spiega Luigi Quinto, legale del giovane - il Tribunale ha valutato anche le ridotte capacità di procreare del ragazzo, all’epoca dei fatti ventenne, conseguenti alla menomazione subita». Con l’assistenza di Quinto l’uomo ha fatto causa al medico, per negligenza e imperizia, e anche alla casa di cura che ospitò il paziente per l’operazione. Ma anche qui è sorta una controversia perché la clinica si è difesa, con l’avvocato Nicoletta Galluccio, sostenendo che medico esercitasse in quel luogo attività libero professionale. Tesi contestata dallo stesso chirurgo tutelato dal proprio legale Angelo Valente.

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