Accadde oggi
Quell’addio a Craxi tra i garofani rossi
Il 21 gennaio del 2000ad Hammamet i funerali con tanti volti della politica Il racconto sulla «Gazzetta»
«Addio a Craxi tra lacrime, polemiche e insulti»: così titola venticinque anni fa «La Gazzetta del Mezzogiorno». Il 21 gennaio 2000 si svolgono, in Tunisia, i funerali di Stato voluti dal presidente Ben Alì per l’ex Segretario del Partito socialista italiano, morto due giorni prima per arresto cardiaco: Bettino Craxi muore da latitante per la magistratura italiana, da esule per i suoi sostenitori. Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987, la sua carriera politica, fino agli anni Novanta in costante ascesa, aveva subito una definitiva battuta d’arresto con l’avvio, nel 1992, dell’inchiesta Mani pulite. Indagato in più di un procedimento penale, nel 1993, dopo diciassette anni da Segretario, Craxi è costretto a lasciare la guida del Psi e, l’anno successivo, si trasferisce nella sua residenza di Hammamet, una cittadina nel nord-est della Tunisia.
Dichiarato ufficialmente latitante, le autorità tunisine non concederanno mai all’Italia la sua estradizione. Le esequie si svolgono nella cattedrale di San Vincenzo de’ Paoli a Tunisi: «Centinaia di persone, arrivate con otto voli charter e di linea dall’Italia. Gente del Nord e del Sud, ex partigiani, tutti gli ex socialisti degli anni d’oro del partito di Craxi, una schiera di ex amministratori locali, tanti amici. E poi le impiegate di via del Corso e anche due dei componenti della scorta che accompagna Craxi negli anni del potere. Vicina all’altare, la corona mandata dal presidente del Consiglio Massimo D’Alema. Qualche vecchio militante del Psi ci passa davanti, guarda e sibila parole di disprezzo. Yasser Arafat ha mandato una corona ed ha mandato anche il suo ministro degli esteri. Fuori, Tunisi è una città in preda al caos. La bara arriva su un furgone bianco Renault alle 14, un’ora dopo il previsto. Entra sotto una pioggia di applausi e ad accoglierla, subito dopo, sono le parole del telegramma inviato nei giorni scorsi dal Papa alla famiglia, lette dal Vescovo», scrive Marco Bardazzi sulla «Gazzetta».
Contrariamente alle aspettative, sono presenti anche rappresentanti del Governo D’Alema: arrivati in sordina, mentre la cerimonia è già in corso, il ministro degli Esteri Lamberto Dini e Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, siedono in sesta fila e diventano bersaglio di insulti e persino di qualche lancio di monetine, «quasi una vendetta, per il “popolo di Craxi”, per la celebre pioggia di sputi e monete con la quale un’altra parte d’Italia accolse Craxi davanti all’hotel Raphael», commenta il cronista del quotidiano. «In duemila si stipano nella basilica, intorno alla bara coperta dalla bandiera socialista, e il vescovo Foual Twad, affiancato da don Luigi Verzè (amico di vecchia data dei Craxi), è costretto a celebrare la Messa con l’altare circondato da fotografi e telecamere. In prima fila ci sono i familiari di Craxi, la moglie Anna, i figli Bobo e Stefania, i nipotini, la sorella Rosilde». Manca, invece, Paolo Pillitteri, cognato di Craxi ed ex sindaco di Milano: la procura generale di Milano gli ha negato, infatti, il permesso di espatrio, poiché coinvolto in una serie di procedimenti, per i quali tuttavia non sussiste ancora nessuna misura restrittiva. «Sentire la messa in arabo era una cosa che ci poteva essere risparmiata», commenta Silvio Berlusconi, che siede vicino alla famiglia insieme a Francesco Cossiga.
Il giornalista, sulla «Gazzetta», non può non dare conto della presenza di altri volti noti: «Con un aereo-taxi, un Falcon prenotato apposta per loro, i socialisti pugliesi sono arrivati a Tunisi per i funerali di Bettino Craxi. Politici ancora in piena attività come Alberto Tedesco e Onofrio Introna, consiglieri regionali, e Claudio Lenoci, ex sottosegretario e ora dirigente pugliese di Forza Italia, [...] e uomini fuori dalla scena politica come Gennaro Acquaviva, per quindici anni capo della segreteria politica di Bettino». Tra di loro, naturalmente, anche Claudio Signorile. «In disparte, quasi nascosto, sedeva l’uomo che fu il leader quasi incontrastato del socialismo pugliese, nonché protagonista della scena politica nazionale: sì, proprio lui, Rino Formica In disparte ieri, in quella chiesa, davanti alla tomba dell’amico, come in questi anni, per una decisione irreversibile».
Dall’altra parte della navata altre personalità politiche italiane, tra cui Vittorio Sgarbi e Giuliano Ferrara, e parte di quella corte «di nani e ballerine» – celebre espressione coniata dallo stesso Formica – che aveva caratterizzato l’ultima fase della gloriosa storia del più antico partito politico italiano. «Nani e ballerine» che si disperdono, però, nella moltitudine dei vecchi amici e dei militanti socialisti: il resto della chiesa è una distesa di garofani rossi.