'Ndrangheta - A Vibo Valentia 13 arrestati: fra loro, un magistrato
VIBO VALENTIA - Grossa operazione antimafia oggi in Calabria. La Polizia ha arrestato 13 persone: fra loro, Patrizia Pasquin, presidente di sezione del Tribunale di Vibo Valentia, accusata di reati commessi in favore di elementi vicini alla cosca dei Mancuso. Oltre al magistrato, in manette due avvocati. Nell'inchiesta sulla 'ndrangheta locale sono inoltre coinvolti altri due magistrati. Le persone indagate sono in tutto 45.
In carcere, oltre a Pasquin, sono finiti due imprenditori ed un geometra.
Il magistrato Patrizia Pasquin, presidente di sezione al Tribunale di Vibo Valentia, per gli investigatori «era a capo di un vero e proprio comitato d'affari con svariati interessi». Non un ruolo marginale, secondo le indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno, ma «una complessa serie di rapporti corruttivi ordita dal giudice - affermano gli inquirenti - avente come unico comune denominatore l'asservimento della funzione giurisdizionale ad interessi particolari perseguiti dal magistrato e da diversi soggetti». Due anni di indagini, coordinate dal procuratore di Salerno, Luigi Apicella, e dirette dai pm Mariella De Masellis della Dda e Domenica Gambardella, nel corso delle quali sono emersi collegamenti tra il magistrato in servizio a Vibo Valentia ed esponenti della potente cosca dei Mancuso di Limbadi.
La regola fondamentale richiama il «do ut des», con la quale si utilizzava la funzione e il ruolo di ognuno per ricambiare i favori. Come nel caso dei processi e della partecipazione di alcuni avvocati, che «recependo direttamente le istruzioni impartite dalla Pasquin, provvedevano a redigere le istanze necessarie alla successiva adozione dei provvedimenti concordati per dare realizzazione agli accordi corruttivi». Intercettazioni telefoniche disinvolte, nelle quali si parla chiaramente di cause da sistemare in favore delle parti. Il magistrato utilizzava, tra l'altro, per le conversazioni telefoniche più riservate le utenze telefoniche intestate alla sua collaboratrice domestica.
Gli inquirenti individuano come attori principali dell'organizzazione Settimia Castagna e lo stesso magistrato Pasquin. Un gruppo, comunque, ben consolidato che avrebbe anche portato avanti un importante giro di affari, come nel caso della società «Melograno village s.r.l.», nella quale il magistrato risulta essere socio occulto. Un modo, secondo quanto emerso, per ottenere un finanziamento a fondo perduto in conto capitale di 4.784.257,00 euro, attraverso contratti simulati di acquisto della proprietà, fino ad ottenere una anticipazione del 20% con un falso permesso a costruire mai rilasciato dal Comune di Parghelia.
Gli investigatori evidenziano che «neppure si può dubitare del ruolo di fatto della dottoressa Pasquin, effettiva interessata al reale scopo della società, posto che il figlio, formalmente socio, si trovava a Torino e che in innumerevoli conversazioni il magistrato consigliava, si preoccupava, compulsava pubblici amministratori, faceva pressioni alla stregua di uno spregiudicato imprenditore interessato ad una cosa propria».
Dalle indagini è emerso che «il magistrato Pasquin ha effettuato un sistematico mercimonio della funzione pubblica, attuando in modo capillare e diffuso il principio del "do ut des"».
Tra i tanti ruoli assunti, la Pasquin avrebbe anche ricoperto quello di consulente giuridico sugli atti che dovevano essere depositati nei vari uffici pubblici, oltre alla possibilità per l'organizzazione di accedere al registro informatico della Procura. Ma la spregiudicatezza sottolineata dagli inquirenti nei comportamenti del magistrato vibonese, risalta ancor di più nel momento in cui la stessa non si sarebbe fermata nonostante l'emersione di alcuni rapporti nel corso delle indagini che hanno portato all'operazione "Dinasty" e il conseguente convincimento di essere oggetto di indagini.
Anche diversi settori pubblici avrebbero subito le pressioni del giudice, come nel caso dell'approvazione di un piano di lottizzazione approvato all'unanimità dal Consiglio comunale di Parghelia.
Le indagini hanno, dunque, secondo gli inquirenti, evidenziato un'allarmante e grave distorsione dell'attività giurisdizionale per un magistrato in servizio da anni a Vibo Valentia come presidente di sezione, ruolo ricoperto sin dal 1995, già sostituto procuratore nella Procura vibonese e, in alcuni periodi, presidente reggente.