«Ho messo Mirko a testa in giù in acqua»
MILANO - Da San Vittore all'ospedale psichiatrico. Dopo una settimana di carcere, a quindici giorni dalla morte di Mirko, per Maria Patrizio, la commessa di Casatenovo, accusata di aver ucciso il figlioletto di 5 mesi, il gip lecchese Gianmarco De Vincenzo ha deciso il ricovero in una struttura idonea, individuandola in quella di Castiglione delle Stiviere, dove già si trovano altre mamme che hanno trasformato l'amore più grande in un dramma.
I difensori di Mary, Fabio Maggiorelli ed Ernesto Rognoni, avevano sollecitato da giorni questa soluzione e anche il procuratore della repubblica di Lecco, Anna Maria Delitala, aveva dato parere positivo. Non sussistono più timori di inquinamento di prove, dopo che ieri la giovane donna ha confessato anche ciò che finora era stato buio nella sua mente: è stata lei a provocare la morte di Mirko, trovato annegato dal padre il 18 maggio nella bacinella in cui solitamente veniva lavato. «Ho preparato il bagnetto e poi ho infilato Mirko nell'acqua a testa in giù... poi non ricordo», ha raccontato ai magistrati. «Sì effettivamente mi rivedo come in un film che lo tengo sott'acqua».
«Vive una duplice, se non una triplice realta», ha spiegato l'avv. Rognoni. Stremata, schiantata dal dolore, confonde oramai la verità, con i sogni, l'orrore che ha seguito il lampo di luce del ricordo, con la speranza di risvegliarsi da un incubo.
Il suo interrogatorio di ieri, il terzo, quello in cui alla fine ha raccontato tutto o quasi è durato, fra tutto, quasi tre ore, in gran parte contraddistinte da pianti, strepiti, implorazioni. «Per quello che ha detto sarebbero stati sufficienti 10 minuti», hanno detto i legali. Poche le pagine messe a verbale. Per la disperazione di una mamma che ha ucciso suo figlio, le sue lacrime, non esistono righe giuste.
Terminato il racconto, Mary è ripiombata nello stato d'animo in cui versa da giorni, quella che l'ha portata a perdere 6 chili, a ridursi a poco più di 35 chili, qualcosa più di un'ombra. Un solo pensiero per il marito, Kristian Magni, operaio di 31 anni. «Vorrei rivederlo, quando viene a trovarmi?», ha chiesto.
«Sta davvero male, il suo è un quadro clinico molto delicato - hanno ripetuto gli avvocati - deve essere curata, potrebbe peggiorare». E i magistrati sono stati d'accordo.
Un evidente caso di depressione post partum, secondo gli esperti. Quella terribile malattia che si presenta sotto la forma subdola della malinconia e della nostalgia, divora le già sfiancate forze di una neomamma che, se non reagisce, può esserne travolta. Mary Patrizio ne era stata inghiottita. Figlia unica di una famiglia di operai, bella biondina, dai grandi occhi scuri, fisico minuto ma interessante, prima di sposarsi aveva avuto anche qualche ambizione nel mondo dello spettacolo. Poi il grande amore con Kristian, il matrimonio 5 anni fa, l'abitazione ristrutturata a Valaperta, frazione di Castenovo, nella bella Brianza lecchese.
Volevano subito un bambino, ma avevano dovuto aspettare per anni. La gravidanza non era stata facile da sopportare, il parto un evento traumatizzante. La nascita di Mirko, un bel maschietto biondo e sorridente, era stata la gioia di tutto il parentado. Ma non per Mary. Forse solo lei ne era davvero cosciente, al punto che era andata in un consultorio, si era rivolta a uno psichiatra. Fino a quella mattina del 18 maggio quando, lavando Mirko nella bacinella, i vortici nella sua testa sono diventati insopportabili e lei ha deciso di spegnerli per sempre. «Dopo ho sclerato e non ho capito più niente: allora ho fatto la messinscena per giustificarmi davanti ai miei». E si è inventata l'aggressione del ladro, si è legata e imbavagliata, una scena subito smentita dalle puntuali e precise analisi dei Ris.
Resta un solo mistero da chiarire: perché? «Ero angosciata, avevo paura di non essere all'altezza, di non essere capace di crescere il mio bambino, di non riuscire ad essere una buona madre».
Ma forse il motivo per cui è morto Mirko rimarrà per sempre intrappolato tra i sogni e gli incubi della sua mamma.