Mirko ucciso dalla mamma, che non ricorda più

LECCO - Si è chiusa a chiave in bagno. Ha cercato di arrotolare un po' di nastro adesivo attorno ai polsi e alle caviglie. E Mirko?. «Mirko... perchè c'era Mirko?, dove è ora il mio bambino?...». E' a questo punto che come per un corto circuito diventa buio nella sua mente e Maria Patrizio, la donna in carcere dalla scorsa notte con l'accusa di aver ucciso il figlio, non ricorda più nulla.


«Una parziale ma sostanziale confessione», l'ha definita il procuratore capo della Repubblica di Lecco Anna Maria Delitala, spiegando in una affollatissima conferenza stampa, al comando provinciale dei carabinieri, come si è arrivati alla svolta nelle indagini sulla morte di Mirko Magni. Il bimbo di 5 mesi era stato trovato annegato mercoledì 18 maggio nella sua casa nella frazione Valaperta a Casatenovo. Annegato nella vaschetta dove la mamma gli stava facendo il bagnetto. Una settimana dopo proprio la mamma, Maria detta Mery, commessa ancora in maternità, è finita a San Vittore, nel reparto infermeria, guardata a vista (temono gesti di autolesionismo) con l'accusa di omicidio aggravato e simulazione di reato.

«Mi hanno aggredita, sono svenuta e non so cosa sia successo al bambino», aveva ripetuto per giorni. Ma quell'aggressore, così crudele da lasciare affogare un bimbo di pochi mesi, non è mai esistito. Maria ha inventato tutto, lo ha ammesso ieri sera, anche se ancora una volta l'interrogatorio si è fermato al momento cruciale della morte di Mirko. Un momento sul quale Maria non ha ancora detto nulla anche perchè ogni volta che gli inquirenti si sono avvicinati a parlare degli ultimi minuti di vita del bimbo la madre è scoppiata a piangere. Ed è stato impossibile andare avanti con la ricostruzione. «Ma gli elementi raccolti - ha ripetuto Delitala - sono sufficienti a far ritenere che sia stata lei ad uccidere il bimbo».

Manca quindi una confessione completa (è piena solo per quanto riguarda la messinscena della rapina), ma gli inquirenti (alla conferenza stampa erano presenti anche i Ris) non hanno dubbi. Ciò che hanno in mano, secondo loro, è sufficiente. Non si escludono comunque ulteriori sviluppi e il procuratore ha ricordato più volte ai giornalisti che l'inchiesta è nella fase indiziaria. Non sembra invece che siano coinvolte altre persone tanto meno i familiari. Marito, genitori, suoceri e cognati in questi giorni si erano stretti tutti attorno a Mery, difendendola da qualunque illazione. Le avevano voluto credere contro ogni apparenza, sono diventate vittime anche loro del momento di follia di questa bella ragazza di 29 anni, che avrebbe fatto tutto da sola.

Gli elementi contro di lei sono stati illustrati dal ten.colonnello Michele Di Santo, comandante provinciale dei carabinieri a Lecco, che con il capitano della compagnia di Merate, Alessandro Ciuffolini, ha condotto le indagini. «Tutti elementi convergenti - ha detto il colonnello - che ci hanno convinto della colpevolezza della donna». Prima di tutto le contraddizioni in cui è caduta Maria, contrastanti tra ciò che ha detto subito dopo il dramma e quanto poi ha raccontato durante l'interrogatorio. Poi l'autopsia di Mirko e gli esperimenti sulla vaschetta per accertare le possibili modalità della morte. Sulle indiscrezioni rispetto ai segni sul corpo del bimbo che testimonierebbero che il piccolo è stato trattenuto a forza sott'acqua il procuratore non ha voluto dire nulla.

Quindi gli esami dei Ris. «E' stato utile anche il risultato delle analisi sulla saliva trovato sul nastro adesivo, ma questo è solo uno dei tanti elementi», ha ammesso, senza voler scendere nei dettagli delle indagini, il maggiore Marco Pizzamiglio, vice dei comandante dei Ris, Luciano Garofano. Ma che quel Dna sul rotolo di nastro fosse della madre è risultato decisivo.
Garofano, prima della conferenza stampa, aveva partecipato a un vertice in Procura. I suoi uomini hanno trovato decine di tracce, ha detto Pizzamiglio, che confermerebbero «la ricostruzione della verità fatta dalla Procura». Poi il ritrovamento della famosa chiave del bagno, la cui porta era sta sfondata a calci dal marito della donna Cristian Magni. Se fosse sparita poteva restare il dubbio che era stata portata via da un ladro. Invece era sotto la scala del ballatoio davanti alla porta del bagno, scala che porta al primo piano della abitazione dei Magni. Maria, quindi, dopo essersi chiusa dentro l'avrebbe lanciata sotto l'uscio facendola rotolare dai gradini.
Con lei, nello stretto stanzino da bagno, non c'era nessun malvivente, ma solo Mirko, il suo bambino.
Marisa Alagia

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