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Le braccia «invisibili» nel mondo dei campi: le donne guadagnano 1.800 euro l’anno in meno degli uomini
Sono lavoratrici agricole migranti, in particolare, ad essere spesso sfruttate, mal retribuite, ricattate ed esposte a gravi abusi
Salario percepito al confine con la povertà e molto distante da quello dei colleghi uomini ma anche ricatti sessuali e sfruttamento indipendentemente dall’età, dalla cittadinanza, dal titolo di studio e dal territorio di residenza: questa la fotografia scattata per le donne in agricoltura in Italia dal nuovo Quaderno dell’Osservatorio «Placido Rizzotto» della Flai Cgil, realizzato con cifre elaborate dalla ricercatrice Istat Annalisa Giordano.
Dall’analisi emerge in particolare che le lavoratrici dipendenti agricole hanno come compenso ogni anno 5.400 euro lordi annuali contro i 7.200 dei loro colleghi uomini. Il quaderno, presentato dalla Flai Cgil rileva che oggi le lavoratrici agricole impiegate in agricoltura in Italia sono circa 300mila, quasi un terzo del totale dei lavoratori dipendenti contrattualizzati senza contare che diverse ricerche - segnala la rappresentanza sindacale - indicano che potrebbero essere molte di più, considerati i rapporti di lavoro totalmente informali: in particolare ActionAid stima che le lavoratrici straniere irregolarmente occupate in agricoltura possano oscillare tra le 51mila e le 57mila unità.
Lo studio sulla presenza delle lavoratrici in agricoltura evidenzia inoltre che in molti casi le lavoratrici delle campagne, oltre a guadagnare meno degli uomini, sono confinate in particolari ruoli della filiera e spesso si trovano costrette a conciliare responsabilità di lavoro e di cura con diverse donne che si trovano ad abitare negli insediamenti informali presenti in Italia, i cosiddetti ghetti, dove, secondo un’indagine di Cittalia per Anci e ministero del Lavoro, a cui hanno risposto poco meno della metà dei Comuni italiani, in 4 ghetti su 10 tra quelli mappati è stata rilevata la presenza femminile. Nello specifico si parla di 1.868 donne su circa 11mila persone, ovvero il 17% «delle presenze complessive stimate» e in alcuni di questi insediamenti l’incidenza femminile supera il 50%.
Nel concreto a vivere in particolare questa situazione, ricorda nel Quaderno la ricercatrice Idos Ginevra Demaio, «sono le lavoratrici agricole migranti, in particolare, ad essere spesso sfruttate, mal retribuite, ricattate ed esposte a gravi abusi perché donne, perché straniere, perché prive dei documenti di soggiorno o necessitate a rinnovarli, perché povere, perché vittime di tratta, perché sole o, al contrario, perché madri/mogli investite di responsabilità familiari».
Un fenomeno che conferma una disparità tra uomo e donna. «Le donne che lavorano in agricoltura - commenta infatti Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil - subiscono spesso condizioni di sfruttamento ancora peggiori e insostenibili di quelle degli uomini, senza considerare che in molti casi su di loro grava anche il peso del lavoro di cura. I salari delle lavoratrici agricole, inoltre, sono sensibilmente più bassi di quelli dei lavoratori». «Con questo nuovo Quaderno - aggiunge - dell’Osservatorio Placido Rizzotto, che raccoglie le indagini di numerose ricercatrici e ricercatori, abbiamo voluto realizzare uno strumento utile ad intervenire con ancora più efficacia nel combattere caporalato, sfruttamento e discriminazioni che affliggono le lavoratrici delle campagne italiane». [Ansa]