l'intervista

Brambilla: «Così la mia legge difende gli animali. In Puglia troppi randagi»

Gianpaolo Balsamo

«Il cane Bruno? La malvagità umana va perseguita

Cani e gatti uccisi da polpette avvelenate, animali maltrattati oppure abbandonati come rifiuti nei cassonetti dell’immondizia. E, come se non bastasse, aumenta la piaga del randagismo in Puglia: secondo l’ultimo dossier «Animali in Città» di Legambiente, si stima che sul territorio regionale siano oltre 65mila gli animali randagi. Manca la sensibilità delle istituzioni verso la problematica sostiene Legambiente. A questo si aggiunge una carenza di personale nelle Asl che hanno il compito di catturare, sterilizzare e «microchippare» i cani randagi e reimmetterli sul territorio quando non c'è posto nei canili.

«Il fenomeno del randagismo, alimentato dagli abbandoni, ha una valenza nazionale: si calcola che, ogni anno, vengano abbandonati sulle strade d’Italia, come se fossero rifiuti, 80mila gatti e 50mila cani. Il 30% degli abbandoni avviene d’estate, ma c’è anche un picco prenatalizio e nei periodi di ferie. L’80% degli animali abbandonati muore di stenti o investito. Purtroppo i dati sugli animali nei canili vedono primeggiare le regioni del Sud. Secondo un’indagine del ministero della Salute circa 82 mila dei 100 mila cani ospitati nei canili delle 14 Regioni attualmente aderenti al Sinac (Sistema di identificazione nazionale dei cani da compagnia) si trovano nei box di Puglia, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna. Circa 13 mila in Puglia». A parlare è Michela Vittoria Brambilla, parlamentare di Noi Moderati e storica paladina dei diritti degli animali, che con la Legge che porta il suo nome (la n.82 del 6 giugno 2025) riconosce agli animali lo status di «esseri senzienti» e inasprisce drasticamente le sanzioni per chi li maltratta.

Onorevole, a un mese dall’entrata in vigore della Legge che porta il suo nome, cosa è cambiato? Hai dei riscontri?

«La Legge Brambilla è una riforma epocale, che l’Italia attendeva da 25 anni, una grande vittoria per il paese che pone l’Italia all’avanguardia nel resto d’Europa e rovescia completamente la prospettiva della tutela degli animali, tutti gli animali, anche quelli senza un proprietario come quelli selvatici o da allevamento: esseri senzienti, soggetti portatori di diritti, tutelati in via diretta dalla legge, una legge che rende loro giustizia. Dal primo luglio, ogni giorno, in tutta Italia, è un continuo susseguirsi di grandi e importanti operazioni delle forze dell’ordine, che non finiremo mai di ringraziare: i cittadini hanno capito che, con la Legge Brambilla, abbiamo posto fine all’impunità: quindi segnalano e chi di dovere interviene, dato che si tratta di reati perseguibili d’ufficio. I reati a danno degli animali non sono più di “serie B”, ma considerati in tutta la loro gravità. Inoltre ci arrivano anche notizie dei primi effetti concreti: a soggetti condannati per maltrattamento, possono essere sequestrati gli animali e affidati in via definitiva a un’associazione animalista. Grazie alla Legge Brambilla, ciò può avvenire anche nel corso del procedimento. Questa disposizione evita che gli animali oggetto di sequestro penale possano essere affidati, anche temporaneamente, alla persona accusata di aver fatto loro del male. Una follia che però, prima dell’entrata in vigore della legge, era purtroppo all’ordine del giorno».

All’indomani dell’entrata in vigore della sua Legge, in Puglia si è registrato il caso di Bruno, il cane molecolare ammazzato con un boccone pieno di chiodi: durante la sua carriera di segugio aveva salvato diverse persone. Come giudica questa barbarie umana?

«Si tratta, purtroppo, di uno dei tanti casi di malvagità senza freni che, quasi ogni giorno, ci tocca leggere sulle pagine delle cronache locali e nazionali. Un caso che colpisce ancor più di altri considerando che Bruno era un cane-eroe, che salvava gli uomini e proprio da un essere umano - se tale possiamo definirlo - sarebbe stato ucciso. Azioni del genere non possono essere più tollerate: la Legge Brambilla dà finalmente gli strumenti per perseguirle adeguatamente e porre fine ad una lunga era di sostanziale impunità».

Finalmente stop ai cani alla catena...

«È uno dei passaggi della Legge Brambilla di cui vado più fiera: alcune leggi regionali c’erano già, ma ora si è introdotto un divieto nazionale sorretto da una sanzione pecuniaria che può arrivare fino a 5mila euro. Le nostre sezioni della Lega italiana difesa animali e ambiente, l’associazione che mi onoro di presiedere, ci segnalano già gli effetti: in tante realtà, soprattutto rurali, hanno registrato casi di cani abitualmente tenuti a catena che, dopo la Legge Brambilla, sono liberati dal giogo. Se non li puoi colpire nel cuore o nella testa, almeno un effetto di deterrenza importante è quella di colpirli nel portafoglio…».

Per attuare in pieno la Legge c’è bisogno della collaborazione di tutti i cittadini. La loro segnalazione è fondamentale specie in caso di maltrattamenti, violenza nei confronti degli animali. E le forze dell’ordine sono tenute ad intervenire. Giusto?

«Esattamente. Con la Legge Brambilla le forze dell’ordine hanno l’obbligo di intervenire. A maggior ragione, i cittadini hanno il dovere morale di segnalare. Per questo chiediamo a tutti coloro che dovessero assistere a un crimine contro gli animali - dallo sconosciuto che picchia o abbandona il cane per strada, al vicino di casa che lo tiene legato a catena o in gabbia - di fare denuncia a polizia, carabinieri, guardie zoofile o qualsiasi altra autorità con compiti di polizia giudiziaria. In caso di dubbio, potete sempre contattare la nostra LEIDAA alla mail segreteria@leidaa.it»

Lei ha detto che la prossima tappa sarà la tutela dei selvatici: onorevole cosa pensa della caccia?

«Penso si tratti di una pratica violenta e anacronistica, che procura morte e sofferenze agli animali, danneggia l’ambiente e mette a rischio le persone che frequentano i boschi senz’armi. Al Cras “Stella del Nord”, il centro recupero animali selvatici della nostra LEIDAA, ci prendiamo cura dei selvatici feriti: molti di loro sono vittime di questo “sport” che non ha più senso di esistere. Li salviamo tutti e, se non possono tornare in natura, li teniamo per sempre in una porzione di bosco dove possono vivere liberi e al sicuro dalle doppiette».

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