Il caso

Per i morti di Calenzano 9 avvisi garanzia, indagata Eni. La società: «Nessun tentativo di insabbiare l'indagine»

Tra le vittime anche degli operai provenienti dalla Basilicata

Ci sono avvisi di garanzia per sette manager dell’Eni e per altri due della ditta appaltatrice Sergen srl nell’inchiesta della procura di Prato sull'esplosione al deposito di Calenzano (Firenze) del 9 dicembre 2024, che causò 5 morti, il ferimento di altri 27 tecnici e lavoratori, di cui alcuni in modo grave, più danni materiali ingenti. Le accuse sono, a vario titolo, di omicidio plurimo colposo, disastro colposo, lesioni plurime colpose. E' indagata anche Eni spa, per la legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società, in particolare per carenze rispetto alla sicurezza sul lavoro. Per la procura Eni era priva di un modello organizzativo adatto a evitare il disastro che causò morti e feriti con le quattro esplosioni in sequenza per una perdita di benzina, un guasto fortuito durante lo svitamento di una valvola. E’ segno di «carenza di pianificazione tecnica», ha detto il procuratore Luca Tescaroli, far eseguire lavori per una nuova linea di carico di biocarburante Hvo mentre continuava l'andirivieni di autobotti a prendere carburante dalle pensiline vicine.
Questa e altre circostanze - come la presenza di fonti di calore nel piazzale, cioè i motori dei camion accesi e quello di un elevatore, che risulta fonte di innesco del primo scoppio - fanno dire a Tescaroli che i reati ipotizzati a carico dei nove indagati furono commessi dai manager e dirigenti di Eni "nell’interesse e a vantaggio dell’azienda». La procura stima che se Eni il 9 dicembre avesse fermato i camion mentre Sergen lavorava alla manutenzione avrebbe perso l’introito giornaliero, circa 255.000 euro. Invece, gli stessi reati da parte dei manager di Sergen sarebbero stati fatti nelle attività di manutenzione e allestimento della nuova linea per l’Hvo.
I dirigenti di Eni, accusa la procura, hanno «permesso la contemporaneità dell’attività di manutenzione e di carico di autobotti nella stessa area, senza interrompere i carichi escludendo la necessità di dilatare i tempi di attesa degli autisti mentre avvengono manutenzioni». Modalità che sarebbe «comune a tutti i depositi Eni» in Italia. L’inchiesta, ha detto Tescaroli, ha chiuso una fase di indagini tecniche durata tre mesi, ora ci sarà la richiesta di incidente probatorio.
C'è stato anche un colpo di scena a fine gennaio 2025 quando in una perquisizione a un manager di Eni è emersa una cartella di file che avrebbe potuto ostacolare le indagini sulle cause dell’esplosione. Nella cartella - sono documenti e appunti che compaiono per la prima volta il 27 gennaio - risulta la richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole. Ma «tale documentazione - ha spiegato Tescaroli - non avrebbe dovuto esserci a valle», oltre un mese dopo.
Eni ha confermato «la piena collaborazione con l’autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare cause e dinamiche all’origine dell’incidente». L'azienda inoltre precisa che «non c'è stato nessun tentativo di insabbiare o intralciare l’indagine».
I dirigenti Eni indagati sono: Patrizia Boschetti, come datore di lavoro e committente responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa; Luigi Collurà, dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito di Calenzano; Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi; Marco Bini che classificò l’attività di Sergen; Elio Ferrara che ha autorizzò il del permesso di lavoro a Sergen il 9 dicembre 2024; Emanuela Proietti responsabile del servizio prevenzione protezione; Enrico Cerbino, responsabile del progetto esterno per Manutenzioni e investimenti. Mentre per la Sergen risultano indagati Francesco Cirone e Luigi Murno. Murno è stato uno dei feriti più gravi, è stato ricoverato due mesi nella terapia intensiva del Centro ustioni di Pisa in prognosi riservata, poi da febbraio ha proseguito le cure all’ospedale di Potenza

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