Il fatto

Salerno, la Procura ha fatto appello: «Ripristinare l’interdizione della Cobar»

Massimiliano Scagliarini

Il gip ha sospeso lo stop agli appalti che aveva imposto a maggio. Ma i pm campani: non poteva farlo

BARI - La Cobar di Altamura avrebbe ottenuto la sospensione dell’interdizione pur non avendo ottemperato a tutte le condizioni che la legge 231 prevede in questi casi. È per questo che la Procura di Salerno ha presentato reclamo contro il provvedimento con cui il gip, il 19 giugno, ha congelato il divieto a contrarre imposto all’impresa altamurana (e alla Passarelli di Napoli) nell’ambito dell’inchiesta su presunte irregolarità rilevate nella realizzazione della cittadella della giustizia.

L’inchiesta dei pm salernitani Elena Cosentino e Carlo Rinaldi, con l’aggiunto Luigi Alberto Cannavale, ipotizza le accuse di illecito subappalto e frode in pubbliche forniture per i 12 ascensori a servizio di tre torri del nuovo tribunale della città. Le due imprese, indagate a titolo di responsabilità degli enti, avrebbero frodato lo Stato nella realizzazione degli ascensori, spesso e volentieri bloccati - secondo la Procura - per via di scarsa manutenzione ed errori realizzativi. Da qui la decisione del gip Pietro Indinnimeo, che il 23 maggio ha imposto a Cobar il divieto a contrarre per 12 mesi con la pubblica amministrazione. Una misura che, oltre a impedire la partecipazione a nuovi appalti, può comportare la decadenza da quelli già aggiudicati.

Il 19 giugno il gip, dopo un primo rigetto, ha però accolto l’istanza delle due imprese sospendendo l’interdizione nonostante il parere contrario della Procura salernitana. Che ha presentato reclamo (a firma del pm Rinaldi e con il visto del procuratore Giuseppe Borrelli) contestando la lettura del gip Indinnimeo a proposito della mancanza di conseguenze dannose o pericolose del reato. L’impresa - dice la Procura - si è impegnata a implementare un nuovo modello organizzativo per prevenire reati della stessa specie di quello contestato, ma non avrebbe però né risarcito né tantomeno messo a disposizione il profitto conseguito dal reato.

È proprio su questo che si gioca la partita. L’udienza davanti al Tribunale del Riesame di Salerno, prevista per ieri, è stata rinviata in attesa che una perizia determini appunto il valore del danno e quantifichi l’ipotetico profitto conseguito dalle due imprese. La Procura dice in sostanza che il danno è evidente, perché le conseguenze del reato «incidono sulla sicurezza» degli ascensori («Diversi» da quelli previsti), anche per via della loro «non corretta manutenzione»: i giorni di fermo degli impianti devono insomma essere risarciti. Anche il profitto del reato, secondo l’accusa, va quantificato tenendo presente anche i benefici indiretti che le imprese hanno ottenuto dall’aggiudicazione dell’appalto.

Cobar è l’impresa appaltatrice anche dell’ospedale covid in Fiera del Levante, al centro degli accertamenti della Procura di Bari che ha contestato il concorso in turbativa d’asta e falso ideologico all’ex dirigente Mario Lerario e all’ex funzionario Antonio Mercurio. Nessuna contestazione, invece, è stata mossa all’allora procuratore della Cobar, Domenico Barozzi, la cui posizione è stata stralciata.

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