La situazione

«Il Sud non ama i sindaci giovani»

Marisa ingrosso

La ricerca di Iref per Fondazione Grandi e Acli

Il Sud non ama i sindaci giovani, anche se ne avrebbe un gran bisogno visto che risultano essere più inclini ad adottare quelle innovazioni che apporterebbero benefici (anche) al Mezzogiorno. Sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca «Una nuova generazione politica? indagine sui sindaci under 40», realizzata dall’Iref (l’Istituto di Ricerche Educative e Formative) per Fondazione Achille Grandi e Acli nazionali. Temi che sono stati approfonditi durante la tre giorni di lavori della V edizione della Scuola di Formazione «Giorgio La Pira» da esse organizzata, a Bari, e intitolata «I Comuni per un’Europa di pace».

Secondo l’approfondimento di Iref: «Per quel che riguarda la dislocazione geografica si nota una netta prevalenza nel Settentrione: oltre due terzi degli intervistati sono sindaci in comuni del Nord-Ovest o del Nord-Est (68,7%), solo il 12,2% è primo cittadino nel Centro e poco meno di un quinto nel Sud e nelle Isole (19,1%). L’esigua incidenza numerica dei sindaci under 40 nel Meridione potrebbe essere correlata al fenomeno della fuga dei cervelli verso l’estero». Inoltre «nessun grande comune ha un primo cittadino con meno di 40 anni. L’84,3% dei primi cittadini under 40 amministra centri con meno di diecimila abitanti, in quasi la metà delle circostanze in aree interne. Nel 2022 solo 769 sindaci eletti avevano un’età compresa tra i 18 e i 39 anni, il 10,1% del totale. Di questi 113 erano donne, l’1,5% del totale». E «ha una laurea almeno triennale il 43,7% dei sindaci con oltre 40 anni, tra i giovani la percentuale sale di quasi dodici punti (54,5%), arrivando al 65,5% tra le giovani amministratici locali: sono laureate due sindache su tre».

Ieri, ad aprire l’incontro dell’ultima giornata, è stato Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci-Associazione Nazionale Comuni Italiani, secondo cui «i sindaci più giovani non hanno fiducia nella politica nazionale e provengono da esperienze associative. Fare il sindaco è diventata un’attività di volontariato perché sei solo, non hai risorse e ti ritrovi ad essere indagato per qualsiasi cosa».

Formare e sostenere le nuove generazioni che si impegnano nel mondo della politica è uno degli obiettivi della Scuola di Formazione «La Pira», come ha affermato Santino Scirè, presidente della Fondazione «Grandi»: «Abbiamo potuto delineare con dati e storie personali il profilo di questi giovani amministratori locali. Purtroppo, la maggior parte di loro considera questa esperienza nell’amministrazione pubblica la prima e l’ultima. Noi pensiamo invece che siano loro a rigenerare la politica e le istituzioni e crediamo in questa nuova generazione».

Eugenio Mazzarella, preside della facoltà di Lettere e Filosofia Università Federico II di Napoli, ha spiegato come «i grandi conflitti nelle grandi città nascono perché c’è un problema di integrazione mancata».

Vincenzo Purgatorio, Presidente delle Acli Puglia, ha sottolineato l’importanza di essere amministratori al servizio del bene comune: «La Scuola è intitolata a Giorgio La Pira e quest’anno si svolge in una terra che ha visto il protagonismo di un altro profeta, don Tonino Bello. Erano entrambi personaggi scomodi. L’invito è quello di essere amministratori scomodi, operando nella libertà dei figli di Dio, perché la verità è sempre rivoluzionaria».

Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, nel suo intervento finale ha voluto ribadire come «i Comuni siano un presidio di democrazia per i cittadini. Le città devono essere il luogo dove tutti devono avere il loro ruolo e nessuno si senta scartato».

La Fondazione ha poi presentato un documento - firmato anche da Decaro - in cui, richiamando la mozione conclusiva del Convegno dei sindaci delle capitali mondiali, promosso a Firenze dal sindaco La Pira nel 1955, ha ribadito la contrarietà della guerra all’essere Città, sia in senso fisico sia spirituale, e pertanto a unire le Città per unire le Nazioni, invitando tutti gli uomini responsabili a rinunciare alla guerra, ricorrendo solo a negoziati pacifici e costruttivi.

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