Il caso
Blanco «spaccafiori» a Sanremo genio e sregolatezza? Il parere del neurologo
Secondo il professore Piero Barbanti (Irccs San Raffaele di Roma) la reazione dell'artista «nasce da impulsività, rabbia e bassa soglia alla frustrazione. Un mix letale, spesso risultato di una vita con pochi “no"»
«Genio e sregolatezza come Van Gogh e Majakovskij? Sì, ma fino ad un certo punto». Sul caso Blanco «spaccafiori» sul palco dell'Ariston a Sanremo giunge la riflessione del professore Piero Barbanti, responsabile dell'Unità per la cura e la ricerca su Cefalee e dolore all’Irccs San Raffaele di Roma e docente di Neurologia all’Università Telematica San Raffaele.
«Estraniarsi dalla realtà per trovare ispirazione - aggiunge il neurologo - è il requisito dell’artista ma ciò che è accaduto ieri sera va’ forse un po’ oltre. Un black-out della ragionevolezza, una sorta di “trance emotiva” durata diversi minuti. Il sonno della ragione. Poi la riflessione, il pentimento ma anche la paradossale autoassoluzione. Impulsività, rabbia e bassa soglia alla frustrazione. È il mix letale, spesso risultato di una vita con pochi “no”. Le difficoltà, la frustrazione e il sacrificio fanno crescere. Non le vittorie».
«La contrarietà - continua - è vissuta come un attacco personale, non come un normale evento della vita. Perché tutto questo? Sono ragazzi che non sanno controllare le emozioni perché non sanno riconoscerle, denominarle e classificarle. Per loro l’unica via per liberarsi da questo fantasma interiore è a volte la furia e l’atto estremo. Un gesto di rottura, a volte violento, figlio di un enorme vuoto formativo. La nostra impulsività è innata ma va educata. Il sistema sociale nel quale siamo immersi non è più idoneo a questo compito perché valorizza la velocità, lo scambio rapido, non la riflessione».
Poi, Barbanti si sofferma sul ruolo formativo della scuola, «sempre più competitiva». Un ruolo, conclude, che «si è ridotto perché il metodo passa in secondo piano rispetto alla nozione e al tecnicismo. Così come è cambiata la comunicazione familiare, spesso più attiva sulla chat che intorno alla tavola. Sono giovani e giovanissimi che chiamano indipendenza ciò che è spesso solitudine, disabituati alla socialità. Padroni della vita virtuale, inesperti quando immessi nella comunità».