Dove va la sinistra
Politica, Blasi: «Sto con Schlein il Pd guardi agli ultimi»
L’invito: «Il nuovo segretario legga la Laudato sii, vero manifesto socialista»
Sergio Blasi, già consigliere regionale e storico segretario regionale dem al tempo della Primavera pugliese, il congresso del Pd finora non ha riscaldato i cuori come ci si attendeva. Cosa si può fare per non trasformarlo in una occasione perduta?
«Spero che non sia l’ennesima possibilità mancata di riscatto. Potrebbe essere l’ultimo giro. Dopo non ci sarà più speranza per il Pd».
Dopo la sconfitta cocente delle politiche…
«È singolare che dopo una simile batosta “politica” prima che elettorale, il congresso si svolga quasi marzo. Un tempo enorme per la politica di oggi».
“Che fare?” è una domanda antica a sinistra.
«Ci vogliono idee chiare: il Pd deve venire fuori dalla stagione del buonismo. Non si può essere ecumenici, ma si deve scegliere da che parte stare. La retorica del bisogna stare tra le gente non funziona. Prima è indispensabile sapere cosa dire».
La discussione è su identità e contenuti?
«Quando si incontra il popolo ci vuole un messaggio. Questa è la sfida per iscritti e aspiranti segretari, per evitare di finire nella marginalità come il partito socialista francese».
Sul tavolo ci sono quattro candidature alla segreteria nazionale. Dopo il ko di settembre, tutti vogliono interpretare il rinnovamento. Quale la più incisiva?
«Ho scelto in maniera convinta di sostenere Elly Schlein. Il Pd ha bisogno di uno shock profondo, di una rottura con le politiche del partito in questi anni. Elly ha la forza della giovane età, di essere in questo tempo, e ha la forza delle cose che dice: temi decisivi per il futuro, ma anche per un presente carico di criticità. Chi si occupa degli umili, dei derelitti della società? Per questa missione è apparsa nella storia la sinistra».
Cosa l’ha colpita dei programmi della Schlein?
«L’attenzione alle conseguenze della crisi climatica, dentro la quale ritroviamo tutto: l’immigrazione, l’economia e l’assetto idrogeologico, e il modello di sviluppo e lavoro. Su queste linee si indica la nuova prospettiva del partito, a partire dalla fine della precarietà sul lavoro, binario su cui si muove la sinistra spagnola. Altro che Jobs act».
Emiliano e Decaro sostengono Bonaccini, tra i sostenitori più convinti dell'autonomia. Che fine fa la questione meridionale?
«La Schlein insieme a Cuperlo è stata netta nell’opposizione alla riforma. Riguarda l’architettura istituzionale del Paese. Non è solo una lotta sui Lep, ma contro l’ipotesi di trasformare l’Italia in uno stivale di staterelli, con zone povere dal Nord e al Sud».
Ci vuole una maggiore incisività contro la bozza Calderoli?
«Lo dico a Bonaccini e Schlein: negli anni settanta gli operai emiliani scioperavano per richiamare i governi della Dc a risolvere la questione del Sud. Bonaccini è corso dietro le provocazioni del Veneto e della Lombardia. E l’autonomia apre un problema anche all’interno del centrodestra che governa il paese. Voglio vedere la Meloni sul terreno del regionalismo…».
Elly Schlein ha riempito sale e teatri nel tour pugliese. C'è chi intravede elementi in comune con l’avvio della stagione vendoliana.
«Sono stato al Koreja di Lecce. Le ho detto che arrivando nel politeama ho ritrovato persone che non vedevo da tempo, associazioni studentesche, compagni con cui ci siamo salutati con un sorriso perché ci siamo “ritrovati”. Gramsci diceva istruitevi perché abbiamo bisogno della vostra intelligenza… Se riesce a portare nel Pd un mondo che si era allontanato - perché il partito non diceva più nulla per alimentare passione civile - c’è una possibilità per la sinistra di questo paese. Siamo apparsi finora solo come macchine di potere e clientela, mentre nelle parole di Elly ritornano scelte autentiche».
Il malaffare della sinistra a Bruxelles quando pesa in questa stagione?
«È l’ultimo di una serie, non sono episodi: su questo si misura la capacità di selezionare una classe dirigente. Occorre un radicalismo etico. Il Pd deve dire che la questione morale è pregnante di identità».
Alla Regione si discute del perimetro della maggioranza escludendo Azione mentre si accende la polemica con l'opposizione di centrodestra su rifiuti e sanità...
«Ho una idea molto critica di questi ultimi anni. La prima stagione vendoliana è stata di cambiamenti rilevanti sulla spinta della Primavera pugliese, che non era una operazione politicista, ma dal basso, anche grazie a Città plurale di Bari e altri sodalizi. L’ultima parte del governo di centrosinistra, invece sui fondamentali, ha intrapreso rotte sbagliate: dai rifiuti ai trasporti pubblici. Sono undici anni ad aprile da quando Vendola ha programmato 5 ospedali da costruire. Non ne abbiamo ancora uno…».
È stato segretario regionale del maggiore partito della sinistra al tempo della Primavera pugliese. Quale l'identikit migliore per il Pd Puglia dopo Lacarra?
«Non mi piace l’idea di un segretario unitario. Devono emergere le differenze. Basta con il falso unanimismo. Ogni mozione dovrebbe presentare una sua candidatura. Altrimenti diventa il camposanto delle idee».
Che libro consiglierebbe al nuovo segretario nazionale?
«La “Laudato sii” di papa Francesco. C’è in quel testo la critica al turbo capitalismo finanziario che ha prodotto la crisi economica e climatica, con le conseguenze su migranti e precarietà. È l’ultimo manifesto socialista».
Il futuro politico di Sergio Blasi?
«Il futuro c’è già stato. Nel 2013 quando Bersani mi chiese di andare a Roma come capolista alla Camera, scelsi la Puglia. Spero di aver fatto il meglio per impegno e politica vissuta come servizio».