Le vittime furono 81

Razzi e vittime civili, Ustica il precedente più famoso

Armando Fizzarotti

La ricostruzione: nel 1980 battaglia segreta sul Tirreno, il Dc-9 abbattuto per errore

A meno che non ci si trovi di fronte ad una «bugia di Stato» detta per evitare una catastrofica guerra fra Russia e Nato, con gli Stati Uniti in testa, il caso del missile killer con «paternità» ucraina costituirebbe un nuovo capitolo del già lungo elenco di vittime collaterali civili di «fuoco amico» e non. Un elenco di cui riportiamo gli episodi principali, tralasciando le tante pagine tragiche risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.

Il precedente più eclatante nella storia europea ed italiana è l’esplosione in volo del Dc-9 dell’Itavia in volo da Bologna a Palermo la sera del 27 giugno 1980 in prossimità della Sicilia. Le 81 vittime (nessuno sopravvisse) a bordo del volo di linea sarebbero state, tesi accreditata anche dalla Cassazione in sede civile, uccise per errore in un combattimento aereo tra jet militari della Nato e libici sul Tirreno.

Dopo oltre vent’anni di silenzi, fu Francesco Cossiga (1928 - 2010, all’epoca del disastro presidente del Consiglio) tre anni prima di morire a riferire alla magistratura che il Dc-9 fu abbattuto per errore da un missile lanciato da un jet militare dell’aviazione navale francese, decollato da una portaerei. Obiettivo della missione sarebbe stato, secondo le ricostruzioni più accreditate, abbattere un velivolo a bordo del quale viaggiava l’odiato (dall’Occidente) rais Muhammar Gheddafi (1942 - 2011), dittatore della Libia.

Quella sera si rischiò lo scoppio di un conflito nel Mediterraneo, stando alla tesi di molti storici, tenendo conto che si era nel pieno della «Guerra Fredda» fra Nato e Patto di Varsavia (il blocco militare dei Paesi comunisti guidato dalla disciolta Unione Sovietica, con la Russia capofila), con il possibile coinvolgimento di quella che era la Jugoslavia, Stato dissoltosi nel 2003 all’epoca «Paese non allineato» fra i due blocchi come la Libia.

Giusto tre anni dopo il disastro di Ustica, il 1° settembre 1983 un Jumbo jet B-747 della Compagnia sudcoreana Korean air lines venne abbattuto per errore sui cieli dell’Isola di Sachalin, sul Mar del Giappone, da un caccia Su-15 sovietico. Era decollato da New York per Seoul (scalo di rifornimento in Alaska), nessuna delle 269 persone a bordo sopravvisse.

Il «gigante dei cieli» aveva violato lo spazio aereo dell’Urss probabilmente per un errore dei piloti, ma i militari russi non avrebbero rispettato le norme di ingaggio previste per far deviare l’aereo civile su una rotta che non sorvolasse l’Unione Sovietica.

Non fu propriamente dovuto a «fuoco amico», ma è registrato come l’ottavo disastro aereo più grave della storia, l’abbattimento - anche qui per errore - di un Airbus della Iran Air decollato da Teheran per Dubai il 3 luglio 1988, otto anni dopo la strage di Ustica. In volo sullo stretto di Hormuz (nel Mar Arabico), tutte le 290 persone a bordo persero la vita dopo che il velivolo fu colpito da un missile lanciato dall’incrociatore «Vincennes» della Marina militare statunitense, in acque territoriali iraniane.

L’incidente avvenne nel corso dei pattugliamenti a protezione del traffico navale mercantile nell’area. Dopo un accordo stipulato davanti alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aia, Washington pagò un indennizzo di 61,8 milioni di dollari in favore delle famiglie delle vittime.

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