La polemica

Gas, via libera alle trivelle nell’Adriatico: i pro e i contro in Puglia

Alessandra Colucci e Gianpaolo Balsamo

Bellomo: Sì agli «sfregi» sul territorio per l’autonomia energetica. Legambiente dice «no» e rilancia l’eolico off-shore

L’emendamento che potrebbe rimettere in moto la produzione di gas italiano, con la trivellazione dei nostri fondali marini, per far fronte al caro energia, rimette in gioco un tema particolarmente divisivo, tra chi vuole difendere l’ambiente e chi, al contrario, pensa a come ricavare nuove fonti di energia. E così, a distanza di sei anni dal referendum che tanto scosse l’opinione pubblica in Puglia, ma che, alla fine, non ebbe alcun valore perché non fu raggiunto il quorum, si torna a parlare di trivellazioni in Adriatico. E, per il senatore barese della Lega Davide Bellomo si tratta «di una cosa che mi trova assolutamente a favore».

Senatore Bellomo, quali sono le ragioni del suo parere favorevole?
«Sono ragioni evidenti. Noi non siamo in autonomia energetica, ci lamentiamo che dobbiamo prendere l’80% della Finanziaria e bruciare una grande quantità di denaro esclusivamente per calmierare le bollette, neanche in maniera strutturale ma solo in maniera temporanea, e ci chiediamo ancora le ragioni di un parere favorevole? Tutto questo accade perché non ci siamo resi minimamente autonomi dal punto di vista energetico».

C’è il grande problema della difesa del territorio. Cosa risponde a chi si oppone?
«Se si è cittadini del mondo bisogna adottare per ogni luogo la stessa teoria, senza differenze, ovunque. Non è che se ci sono pozzi petroliferi nel Mar dei Caraibi vanno bene e nel mare di Bari, al contrario, non vanno bene. Non può funzionare in questa maniera. Non è giusto che in certi posti sì, certe cose si possano fare, e in certi altri, al contrario, no, non si possano fare. La cosa non funziona così, non può funzionare in questa maniera».

E come dovrebbe funzionare?
«Noi tutti consumiamo energia, noi tutti consumiamo idrocarburi, tutti quanti ne usufruiamo però poi non vogliamo certe cose a casa nostra».

La soluzione?
«Ovviamente le cicatrici sul territorio fanno male, ogni zona può essere contraria ad avere cicatrici sul territorio, è chiaro. Però poi alla fine, una cicatrice, da qualche parte si deve pur fare e allora, partendo dalla Regione Puglia, per poi estendersi in tutta Italia, bisogna fare ricorso al Pear. Questa è una parola importante, è un acronimo che significa Programma energetico ambientale regionale, di cui si è discusso nella Conferenza Stato-Regioni. A ogni Regione viene prescritto di fare un proprio piano energetico-ambientale e allora poi si stabilisce, per ogni zona del nostro Paese, dove fare le cicatrici. A ciascun territorio viene fatta una cicatrice, ma a tutti, atteso che, comunque, le cicatrici vadano fatte, altrimenti ragioniamo in maniera distonica.

In che senso?
«Perché tutti utilizziamo il gas per cucinare, tutti andiamo in automobile, tutti facciamo il pieno con il carburante, tutti ci facciamo la doccia con l’acqua calda, tutti vogliamo usufruire degli impianti di riscaldamento, però poi vogliamo che questo tipo di trivellazioni vengano fatte da altre parti. Allora, io ribadisco, che ognuno debba avere una propria piccola cicatrice, perché queste piccole cicatrici, alla fine, sono indispensabili per avere lo stile di vita che vogliamo avere tutti e continuare a fare le nostre attività quotidiane, esattamente come facciamo adesso».

IL PARERE NEGATIVO DI LEGAMBIENTE

«Come Legambiente Puglia commentiamo negativamente la decisione assunta dal Governo in quanto non si fa altro che indietreggiare rispetto agli impegni europei e internazionali presi per la decarbonizzazione del nostro Paese».
Il via libera alle trivelle nell’Adriatico sancito dall’ultimo Consiglio dei ministri che prevede un emendamento al Dl Aiuti ter per aumentare le concessioni per l'estrazione di gas italiano da fornire alle aziende energivore a prezzi calmierati, ha immediatamente innescato la reazione degli esponenti del «cigno verde», particolarmente agguerriti nel Tacco d’Italia contro le trivellazioni in mare.

«Non è solo una questione di principio e ideologica - spiega Ruggero Ronzulli presidente Legambiente Puglia - perché è evidente nei numeri che il nostro mare è privo di grandi giacimenti di gas. Anche se volessimo estrarre tutto il gas ad oggi disponibile basterebbe solo per 9 mesi, visto il grande consumo che l’Italia ne fa. Oggi è fondamentale cambiare rotta e spingere la realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili e degli accumuli perché è fondamentale guardare al futuro e alla vera indipendenza energetica del nostro Paese».

Attualmente sulle coste pugliesi, oltre alle concessioni produttive, ricadono quattro permessi di ricerca ubicati a mare, che interessano 2.962,8 chilometri quadrati. Altre 13 istanze di permessi di ricerca in mare e tre istanze di prospezione a mare per ulteriori 29.056,5 kmq sono in attesa di autorizzazione.
«La Puglia, tra attività a terra e a mare, - spiega meglio il presidente di Legambiente - nel 2017 ha contribuito con il 4,2% della produzione nazionale di petrolio, pari a 172mila tonnellate estratte, e il 2,1% di gas con 111,4 milioni di Smc, quantità che, stando agli attuali consumi, coprirebbe rispettivamente lo 0,3% e lo 0,2% del fabbisogno del nostro Paese. Numeri poco significativi, ma che nei territori e nei mari interessati dai progetti di trivellazione portano a rischi ambientali importanti».
In tale scenario ricordiamo come la Puglia soddisfa il proprio fabbisogno energetico con oltre il 70% di produzione da fonti fossili (gas e carbone) e solo circa il 30% da fonti rinnovabili, al di sotto della media nazionale che è oggi del 38%.

«Autorizzare nuove trivellazioni - conclude Ruggero Ronzulli - non è altro che una politica cieca che guarda solo ai proclami e non alla risoluzione concreta delle problematiche. Perché l’unico “ferro” che oggi bisogna vedere e realizzare in mare è quello delle pale eoliche, degli impianti off-shore che concretamente renderebbero il nostro paese autonomo energeticamente e staccherebbe la spina dalla dipendenza dall’estero.
Le stesse Regioni devono smetterla di mettersi di traverso alla realizzazione delle rinnovabili a terra e in mare e dare risposte serie e concrete, perché altrimenti non fanno altro che alimentare la speculazione e i falsi miti come le trivellazioni in mare».

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