Il caso
Elezioni, terremoto in Regione Puglia per il caso Cassano: «Si dimetta»
In Consiglio è stata depositata una proposta di legge che, se approvata, porterebbe alla decadenza di Cassano.
«Ad Azione e Italia Viva non è bastato l’1,6% di Scalfarotto del 2020 quando, con arroganza, gli immancabili Renzi e Calenda fecero una campagna aggressiva fatta solo di insulti. Ora ci riprovano, sostituiscono Scalfarotto con Mara Carfagna e arruolano Cassano e Stellato. Accoppiate che confermano il grado di disperazione della coppia Calenda-Renzi». Lo ha detto Francesco Boccia, capolista al Senato per il Partito Democratico in Puglia, durante il suo tour elettorale.
«Stellato a Taranto - aggiunge - è già stato punito dagli elettori qualche settimana fa con lo strepitoso successo di Rinaldo Melucci, rieletto sindaco a Taranto. A Bari invece tutti conoscono già la vita politica di Cassano e ora avranno modo di giudicare nello stesso modo anche la Carfagna che si è prestata ad un’operazione politica così spregiudicata».
«Massimo Cassano deve lasciare l'incarico di direttore generale dell’Arpal». È quanto chiedono i consiglieri regionali di maggioranza del M5S dopo la candidatura di Cassano con Azione e Italia Viva alle prossime elezioni. «L'Agenzia regionale che si occupa delle politiche attive del lavoro - continuano - non può essere guidata da un candidato nelle liste di Azione - Italia Viva. Il partito di Renzi ha fatto dell’abolizione del RdC una battaglia, tanto da voler raccogliere le firme dei cittadini per cancellarlo. Parliamo di una misura fondamentale per le politiche attive del lavoro, per cui l’Arpal deve mettere a disposizione i propri strumenti per garantire il diritto alla formazione e al lavoro dei beneficiari. Siamo davanti a un conflitto d’interesse inaccettabile, per cui chiediamo le dimissioni immediate di Cassano. Non si può aspettare l’approvazione del disegno di legge di riforma della governance dell’Agenzia».
«Chi occupa dei ruoli tecnici in Regione non può fare politica. Non si può fare politica utilizzando un’agenzia regionale, non credo che si possa consentire questo. E’ inopportuno che il direttore generale di Arpal si candidi, non contro il Pd ma in qualsiasi schieramento. E' inaccettabile a prescindere. Quando mi è stata proposta la sua candidatura l’ho rigettata al mittente, perché un direttore generale dell’Arpal che si candida non è ammissibile e per questo mi sono opposto». Lo ha detto il segretario regionale del Pd pugliese, Marco Lacarra, a margine della presentazione dei candidati in Puglia alle prossime elezioni, rispondendo ad una domanda sulla candidatura di Massimo Cassano nelle liste di Azione e Italia Viva.
«È tutto meraviglioso. Prima tutti difendevano, oggi tutti attaccano. Una folgorazione. L’Arpal Puglia è un disastro, c'è una nostra proposta di legge per cambiare assetto, Emiliano chiede al Consiglio il rinvio dell’esame, i Cinquestelle e gran parte del Pd si adeguano alla richiesta, Boccia e Lacarra non fanno pervenire la loro opinione e oggi, come d’incanto, cosa chiedono? Tutto e di più, tranne che chiedere a Emiliano di favorire immediatamente l'approvazione della nostra proposta di legge». Lo dichiarano i consiglieri regionali Fabiano Amati, Michele Mazzarano, Ruggiero Mennea, tutti e tre del Pd, e Antonio Tutolo (gruppo Misto), in merito alle polemiche sulla candidatura del direttore generale dell’Agenzia per le politiche attive della Regione Puglia, Massimo Cassano, con Azione e Italia Viva. In Consiglio è stata depositata una proposta di legge che, se approvata, porterebbe alla decadenza di Cassano. «I Cinquestelle chiedono al dg di dimettersi - proseguono i consiglieri di maggioranza - perché il partito che ha scelto per candidarsi vuole l’abolizione del reddito di cittadinanza e così dicendo sembrano l’autista di Johnny Stecchino intento a raccontare il traffico come la più grave piaga di Palermo; Boccia stigmatizza come disperata e spregiudicata la scelta di Calenda e Renzi, insinuando nella vita politica di Cassano tratti ampiamente conosciuti; Lacarra, infine, reputa inopportuna la permanenza in carica del DG, riconoscendo l’utilizzo a fini politici dell’agenzia. Qui - concludono - il problema non è la campagna elettorale e il gioco della politica; qui i problemi sono l’economicità, l'efficacia, l’imparzialità, la pubblicità e la trasparenza della pubblica amministrazione».