l’intervista
Violante: «Occhio alle idee dietro le bombe. Per Putin è uno scontro di civiltà»
L’ex presidente della camera: la cancel culture mi preoccupa molto. È una china tragica. Il conflitto ci sfida a ritrovare la passione democratica
Luciano Violante, presidente della Fondazione «Leonardo» e già presidente della Camera dei Deputati (1996-2001), iniziamo dalla più stretta attualità politica: è favorevole all’invio di armi a supporto dell’esercito ucraino?
«Sì mi sembra necessario. Non possiamo certo impegnarci direttamente nella guerra, ma rafforzare la resistenza ucraina è inevitabile. Non vorrei fare paragoni azzardati però la Seconda Guerra mondiale nasce su paradigmi che ci ricordano l’attualità. Gran Bretagna e Francia acconsentirono prima al riarmo della Germania, poi all’annessione dell’Austria ,poi garantirono l’integrità dello stato polacco. Finì con la spartizione della Polonia tra Hitler e Stalin. Ecco, non possiamo permetterci di rimanere tiepidi di fronte a un potere dispotico e violento».
«Sì mi sembra necessario. Non possiamo certo impegnarci direttamente nella guerra, ma rafforzare la resistenza ucraina è inevitabile. Non vorrei fare paragoni azzardati però la Seconda Guerra mondiale nasce su paradigmi che ci ricordano l’attualità. Gran Bretagna e Francia acconsentirono prima al riarmo della Germania, poi all’annessione dell’Austria ,poi garantirono l’integrità dello stato polacco. Finì con la spartizione della Polonia tra Hitler e Stalin. Ecco, non possiamo permetterci di rimanere tiepidi di fronte a un potere dispotico e violento».
Il quadro è davvero così semplice?
«In questa vicenda ci sono colpe da entrambe le parti e quindi anche dal fronte ucraino. Così come probabilmente ci sono stati errori e sottovalutazioni nel collocare troppe presenze Nato al confine con la Russia. D’accordo, ma tutto questo non legittima una sola delle mille tragedie alle quali stiamo assistendo».
«In questa vicenda ci sono colpe da entrambe le parti e quindi anche dal fronte ucraino. Così come probabilmente ci sono stati errori e sottovalutazioni nel collocare troppe presenze Nato al confine con la Russia. D’accordo, ma tutto questo non legittima una sola delle mille tragedie alle quali stiamo assistendo».
E dunque qual è la sua lettura del conflitto?
«Questa per Putin è una guerra “neozarista” perché mira a ristabilire il perimetro di una Grande Russia. È una guerra di civilizzazione perché oppone all’Occidente, descritto decadente e materialista, una civiltà nazionalista, clericale e violenta. È una guerra slavofila, che celebra l’antagonismo al mondo romano-germanico. Bisogna sforzarsi di capire la dottrina che spinge i carri armati».
«Questa per Putin è una guerra “neozarista” perché mira a ristabilire il perimetro di una Grande Russia. È una guerra di civilizzazione perché oppone all’Occidente, descritto decadente e materialista, una civiltà nazionalista, clericale e violenta. È una guerra slavofila, che celebra l’antagonismo al mondo romano-germanico. Bisogna sforzarsi di capire la dottrina che spinge i carri armati».
Da queste parti ce la si cava spesso dicendo che Putin è pazzo...
«Questi giudizi impediscono di capire».
«Questi giudizi impediscono di capire».
Allora proviamo ad approfondire l’analisi. Questo è davvero, se non un conflitto di civiltà, almeno uno scontro di valori?
«C’è l’idea del primato della grande civiltà russa basata su religione, sacro e sulla storia di una parte di mondo che, insieme alla Cina, non ha mai conosciuto la democrazia. Pensiamoci. La Russia è passata dallo Zar a Lenin, poi da Lenin a Stalin. Di seguito Kruscev, i tentativi falliti di Gorbaciov, il disordine post-gorbacioviano e infine Putin. Il tutto nel paese più grande del mondo, con 11 fusi orari».
«C’è l’idea del primato della grande civiltà russa basata su religione, sacro e sulla storia di una parte di mondo che, insieme alla Cina, non ha mai conosciuto la democrazia. Pensiamoci. La Russia è passata dallo Zar a Lenin, poi da Lenin a Stalin. Di seguito Kruscev, i tentativi falliti di Gorbaciov, il disordine post-gorbacioviano e infine Putin. Il tutto nel paese più grande del mondo, con 11 fusi orari».
Alla visione putiniana incardinata su sovranismo, sacro e religione l’Occidente cosa oppone? La scomunica di Dostoevskij e le proprie democrazie a pezzi?
«Ecco il cuore del problema. Questa vicenda ci obbliga a restituire alla nostra democrazia slancio vitale passione. Molto ha giocato l’illusione universalista della democrazia occidentale. Vede, esistono due tipi di universalismo. Solo uno funziona e l’abbiamo perso».
«Ecco il cuore del problema. Questa vicenda ci obbliga a restituire alla nostra democrazia slancio vitale passione. Molto ha giocato l’illusione universalista della democrazia occidentale. Vede, esistono due tipi di universalismo. Solo uno funziona e l’abbiamo perso».
Quello che non funziona qual è?
«L’universalismo verticale. In sintesi: siamo il centro del mondo e vi diciamo cosa dovete fare. Un approccio che abbiamo portato avanti da un lato con i conflitti, dall’altro con i beni di consumo».
«L’universalismo verticale. In sintesi: siamo il centro del mondo e vi diciamo cosa dovete fare. Un approccio che abbiamo portato avanti da un lato con i conflitti, dall’altro con i beni di consumo».
Guerra in Afghanistan e Coca cola, insomma....
«Esattamente. Ma si è rivelato un modello fallimentare perché privo di valori».
«Esattamente. Ma si è rivelato un modello fallimentare perché privo di valori».
Qual è l’alternativa?
«L’universalismo orizzontale. Quello che tende, senza imporre, a confrontarsi, a misurarsi con gli altri e a correggere, se serve, anche se stesso».
«L’universalismo orizzontale. Quello che tende, senza imporre, a confrontarsi, a misurarsi con gli altri e a correggere, se serve, anche se stesso».
Le uniche correzioni che l’Occidente sta apportando al proprio interno sono i deliri della cancel culture. La preoccupano?
«Molto. È l’ignoranza della storia o, meglio, la disattenzione per la storia. Senza la consapevolezza della storia muoiono identità e appartenenze; resta solo la lotta di tutti contro tutti e viene a mancare quel senso di comunità che si costruisce nel succedersi di vicende destinate a impegnare un popolo. In alcuni corsi di studio americani sono arrivati a bandire Dante perché ritenuto discriminatorio».
«Molto. È l’ignoranza della storia o, meglio, la disattenzione per la storia. Senza la consapevolezza della storia muoiono identità e appartenenze; resta solo la lotta di tutti contro tutti e viene a mancare quel senso di comunità che si costruisce nel succedersi di vicende destinate a impegnare un popolo. In alcuni corsi di studio americani sono arrivati a bandire Dante perché ritenuto discriminatorio».
Dove ci porta tutto questo?
«Leggevo su un giornale statunitense di un progetto di legge in discussione al senato del Maryland per autorizzare l’aborto fino a quattro settimane dopo la nascita del bambino. Di fatto, un omicidio in nome della “libertà procreativa”. Sulla base di un preteso diritto del più forte , stabiliamo la soppressione di un diritto vero, il diritto a vivere del neonato che è il più debole. È una china tragica».
«Leggevo su un giornale statunitense di un progetto di legge in discussione al senato del Maryland per autorizzare l’aborto fino a quattro settimane dopo la nascita del bambino. Di fatto, un omicidio in nome della “libertà procreativa”. Sulla base di un preteso diritto del più forte , stabiliamo la soppressione di un diritto vero, il diritto a vivere del neonato che è il più debole. È una china tragica».
Come se ne esce?
«Siamo sfidati da questa guerra a mettere in campo una nuova passione democratica. La democrazia è equilibrio fra diritti e doveri, tra individuo e comunità, tra ambiente e sviluppo. Non è la prevalenza supponente di un diritto sull’altro».
«Siamo sfidati da questa guerra a mettere in campo una nuova passione democratica. La democrazia è equilibrio fra diritti e doveri, tra individuo e comunità, tra ambiente e sviluppo. Non è la prevalenza supponente di un diritto sull’altro».
La qualità della democrazia si giudica anche dalla qualità del dibattito che sa innescare e «tollerare». Dal caso Orsini in giù non le sembra ci sia un clima ostile, se non censorio, verso chi esprime posizioni dissonanti?
«È chiaro che non si possono mettere sullo stesso piano un concetto comprovato e uno inesistente, cioè uno scienziato e un terrapiattista. Ma, rimanendo nell’ambito del concepibile, privare di cittadinanza televisiva e comunicativa chi non la pensa come te non è concepibile in democrazia. Nella specie peraltro Orsini era stato privato solo della retribuzione».
«È chiaro che non si possono mettere sullo stesso piano un concetto comprovato e uno inesistente, cioè uno scienziato e un terrapiattista. Ma, rimanendo nell’ambito del concepibile, privare di cittadinanza televisiva e comunicativa chi non la pensa come te non è concepibile in democrazia. Nella specie peraltro Orsini era stato privato solo della retribuzione».
Infine, professore, che effetto ha avuto l’esplosione del conflitto sulla politica di casa nostra?
«Passiamo da un’emergenza a un’altra. Prima la crisi economica, poi la pandemia, poi il Pnrr, ora la guerra. Ma le emergenze ci permettono di andare avanti senza riflettere ma prima o poi finiscono e allora rischiamo di arrivare nudi alla meta. E la realtà è lì ad aspettarci con tutte le sue asprezze».
«Passiamo da un’emergenza a un’altra. Prima la crisi economica, poi la pandemia, poi il Pnrr, ora la guerra. Ma le emergenze ci permettono di andare avanti senza riflettere ma prima o poi finiscono e allora rischiamo di arrivare nudi alla meta. E la realtà è lì ad aspettarci con tutte le sue asprezze».