Tumori, in ricerca Cina avanti a Usa e Italia, oncologi "Serve Agenzia nazionale ad hoc"

Curigliano (Esmo), 'investire l'1,5-2% del Pil, il 70% dei farmaci tumorali arriva dalla Cina' - Di Maio (Aiom), 'è allarme carenza professionisti'

Berlino, 18 ott. (Adnkronos Salute) - "In ricerca l'Italia è dietro a Cina e Usa. Siamo terzi al mondo, una buona notizia che conferma la qualità dei nostri ricercatori. Tuttavia, preoccupa il fatto che dalla Cina arrivi il 70% degli anticorpi farmaco-coniugati, ovvero farmaci antitumorali innovativi, e il 70% degli anticorpi bispecifici, che sono farmaci immunoterapici. Pensiamo che questi farmaci siano concepiti, brevettati e prodotti in Occidente, in realtà arrivano dall'Asia. Ecco perché è arrivato il momento di investire seriamente in ricerca, almeno l'1,5-2% del nostro Pil, contro l'attuale 1,3%, e creando un'Agenzia italiana ad hoc, così come abbiamo l'Agenia italiana del farmaco". Lo afferma Giuseppe Curigliano, presidente eletto della Società europea di oncologia medica (Esmo), a margine del congresso della società in corso a Berlino.

"La Cina - prosegue Curigliano - si sta posizionando come primo Paese al mondo nell'arruolamento dei pazienti: un esempio è il recente studio su un farmaco di nuova generazione in cui tutti i Paesi stanno partecipando e le statistiche indicano il 15% di pazienti arruolati in Europa, il 10% negli Usa e il 55% in Cina in meno di sei mesi. Ad oggi, tutti i farmaci che utilizziamo nella pratica clinica vengono da studi in cui i cinesi hanno arruolato più del 70% dei pazienti. I dati cinesi sono ovviamente estrapolabili anche per noi in termini di efficacia, ma quello che non è estrapolabile è il profilo della sicurezza, perché magari ciò che è meglio tollerato nella popolazione asiatica non lo è anche nella popolazione occidentale, infatti sappiamo che la farmacogenomica per alcuni farmaci è diversa tra i pazienti asiatici e quelli occidentali o caucasici".

"Se noi non investiamo in innovazione e ricerca - avverte l'esperto - quello che succederà è che quando ci sarà un nuovo studio magari il produttore andrà a farlo in Asia, perché gli asiatici sono più veloci, più efficienti e danno i dati in poco tempo, mentre a noi occidentali verranno lasciati piccoli spazi di arruolamento dei pazienti". Ma l'aspetto ancora più preoccupante, secondo Curigliano, è che "se la Cina prende il sopravvento nell'innovazione, come sta accadendo, il nuovo polo scientifico del mondo sarà l'Asia e non più l'America. La necessità, oggi, è dunque quella di fare partnership con l'Asia: nell'equilibrio geopolitico, anche nella ricerca bisogna avere dei partner piuttosto che dei competitor asiatici".

La ricerca in Italia è "sotto stress perché nel nostro Paese è molto difficile trovare finanziamenti, e anche quella che definiamo ricerca accademica in realtà viene poi finanziata dalle industrie farmaceutiche invece che da fondi pubblici investiti per obiettivi strategici". Da qui la proposta: "Sarebbe necessaria un'Agenzia nazionale della ricerca, sul modello di quelle esistenti in Usa, Cina e Giappone: come esiste una agenzia nazionale del farmaco, l'Aifa, dove c'è un budget del ministero dell'Economia che viene speso per rimborsare i farmaci - sottolinea Curigliano - Questa Agenzia per la ricerca centralizzata dovrebbe avere un budget allocato dal ministero dell'Economia annualmente. I fondi vanno aumentati, arrivando ad investire per la ricerca almeno l'1,5-2% del Pil, contro l'attuale 1,3%".

Per il presidente eletto dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), Massimo Di Maio, 'la ricerca in Italia è in forte difficoltà, sotto stress, minacciata da una lunga carenza di risorse anche se in questi anni i nostri ricercatori sono comunque riusciti ad affermarsi a livello mondiale per i loro lavori. Per questi motivi è necessario un impegno che sia strutturale e duraturo" conclude.

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