Fumo, esperti: "Riduzione del danno è prevenzione, Ue apra a strategie alternative'

Focus con esperienze di varie Paesi all'ottavo 'Summit Tobacco Harm Reduction' di Atene

Roma, 2 ott. (Adnkronos Salute) - La diagnosi e cura delle malattie croniche, tra cui quelle legate al fumo di sigaretta, impegna le risorse degli Stati in modo sempre più stressante, sottraendole alla possibilità di investimento in prevenzione e in risposte ai bisogni di salute di una popolazione che invecchia. Per questo trovare maggiori risorse per la prevenzione è non solo un tema di politiche sanitarie globali, ma anche economiche, e non può prescindere dalle strategie di riduzione del danno attraverso le sigarette elettroniche che, seppur viste con favore da una vasta comunità di medici, scienziati e associazioni indipendenti, sono però ancora ostacolate da molte istituzioni, nei singoli Paesi e anche a livello europeo. A confrontarsi su questo tema, nella prima giornata dell'ottavo 'Summit Tobacco Harm Reduction' di Atene: Jiri Votruba, pneumologo-internista dell'ospedale universitario di Praga e professore della Charles Univesity (Repubblica Ceca); Marins Smatana, analista ed esperto di salute pubblica della Slovak Medical University (Slovacchia), e Ranko Stevanovic, già direttore del Croatian National Institute of Public Health (Croazia). Questo panel è stato coordinato da Andrzej Fal, medico e direttore dell'Institute of Medical Science dell'Uksw di Varsavia, in Polonia. L'evento è promosso da Scohre, un associazione indipendente che si batte per le rinnovare le strategia di riduzione del danno da fumo.

Le politiche di intervento sul fumo "che non prevedono una riduzione del danno non funzionano, si vede in molti Paesi Ue dove la percentuale dei fumatori aumenta - ha evidenziato Fal - Mentre ci sono Paesi (Svezia, Uk, Paesi Bassi) dove diminuisce. Ma se si guarda a Repubblica Ceca, Lituania, Polonia, Ungheria, la percentuale aumenta. Quindi qualcosa non va. Se guardiamo ai Paesi che hanno applicato le regolamentazioni dell'Oms e dell'Ue, vediamo che non tutti hanno risolto il problema. Non sempre tassare e aumentare i prezzi delle sigarette è la scelta giusta, perché servono delle alternative come hanno fatto solo alcuni Stati. Faccio l'esempio del mio paese, la Polonia: nel 2021 si è assistito a un calo, da 8 milioni di fumatori a 6,5-7 milioni, ma è stato un fenomeno temporaneo perché le sigarette continuavano a diventare sempre più economiche. Quindi ora siamo a 8,5 milioni, il numero più alto di fumatori. Come scienziati abbiamo suggerito al Governo di regolamentare il mercato riducendo sensibilmente la disponibilità della vendita: chi vuole fumare deve fare più strada per comprarle".

"Ci sono realtà come l'Australia e la Nuova Zelanda - ha ricordato Fal - che mostrano che si può agire bene da diverse angolazioni e contemporaneamente, e non fare una cosa sola come accade oggi. Abbiamo molte ricerche, molti dati che dimostrano che sul mercato ci sono prodotti che sono meno dannosi delle sigarette tradizionali. Questa è l'unica cosa che affermiamo rispetto alla riduzione del danno. Non stiamo dicendo che parliamo di un prodotto più sano. No, forniamo un prodotto meno dannoso - ha precisato - e su questo abbiamo molte prove. La popolazione di fumatori deve sapere che prima passa a questi dispositivi alternativi e prima la salute migliorerà".

"Nel mondo si spendono ad oggi 17 miliardi per le politiche di salute pubblica, mentre, pur essendoci diversi conflitti a livello internazionali, la spesa militare è di 5 miliardi - ha affermato nella sua introduzione Fal - Quindi è chiaro che si spende di più per la salute pubblica. E' una buona notizia? Dipende. Se guardiamo i casi di 4 nazioni del Centro ed Est Europa - e della Polonia che conosco bene - che hanno vissuto per 70 anni sotto regimi comunisti, vediamo che le risorse per la salute erano molto molto più basse rispetto alle altre nazione europee. Così questi Stati dopo gli anni '90 hanno immesso risorse nella sanità: è accaduto in Polonia, ma lo stesso vale per la Slovacchia e la Repubblica Ceca. Ma possiamo dire che pur incrementando queste risorse legate alle politiche sanitarie, la ricchezza di queste nazioni non è cresciuta. La domanda quindi che dobbiamo farci è quanto possono spingere i singoli governi su questo fronte? Visto che l'aumento è stato tra il 60 e il 100% nell'ultima decade".

Alla domanda di Fal hanno risposto tutti gli esperti. Per Votruba, "presto si voterà in Repubblica Ceca e probabilmente avremo una svolta populista e immagino ci sarà un incremento della spesa sanitaria ma solo dove sarà visibile l'effetto". Smatana si dice "quasi sicuro che il ministro della Salute della Slovacchia annuncerà per il prossimo anno il budget per la sanità più alto di sempre, ma credo che sarà appena sufficiente a coprire i costi fissi, come ad esempio l'aumento del consumo di farmaci e i bisogni della popolazione che invecchia. Non c'è nessuna riforma della sanità in vista o nuovi ospedali". Il punto di vista è condiviso da Stevanovic: "La Croazia in termini di percentuale di Pil in spesa sanitaria non è tra i Paesi leader in Ue, spediamo il 7,6% del Pil in sanità. Il costo del trattamento delle malattie legate al fumo rappresenta quasi il 20% della spesa totale delle risorse in sanità. Le nuove tecnologie e i nuovi farmaci stanno diventando sempre più diffusi, la popolazione invecchia, e questo solleva la questione di quanto sia sostenibile il sistema sanitario croato, ma direi anche quello europeo".

"La spesa sanitaria nella maggior parte dei Paesi europei viene assorbita per il 70% dalla cura delle malattie croniche. Se non riusciamo ad avere più risorse dobbiamo intervenire sulla prevenzione che deve essere un lavoro di sinergia tra la politica, i decisori, i media e i medici - ha rimarcato Fal - Ma la prevenzione è un processo che prevede almeno 4 livelli e per farla funzionare dobbiamo attraversare tutti questi livelli. Se si sceglie di fermarsi solo a un livello, i risultati saranno scarsi. Se invece si vogliono davvero ottenere buoni risultati bisogna partire dalla prevenzione 'primordiale', passando per la prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Quindi si deve iniziare con l'alfabetizzazione sanitaria, insegnare ai bambini cosa sono gli stili di vita sani. Nel caso delle sigarette e dell'alcol, si dovrà dire loro che non devono far parte della loro vita. Se in questa prima fase non si lavora bene e non si ottengono risultati, allora ci sono altre scelte che oggi fanno parte dell'attuale discussione sulle scelte che farà l'Europa" con la direttiva di revisione sui prodotti del tabacco (Ptd) e la direttiva sulla tassazione dei prodotti del tabacco (Ttd).

Fal ha analizzato i vari aspetti 'critici' rispetto alla concezione di prevenzione oggi più 'mainstream' rispetto al fumo. "Si è costruito un meccanismo per cui prima arriverà il divieto di fumare in luoghi pubblici, poi la tassazione delle sigarette, come strumento di salute pubblica, poi l'atteggiamento sociale negativo rispetto al fumo. Ma una volta che si inizia a fumare si deve intervenire per aiutare a smettere e, cosa ancora poco diffusa, per ridurre il danno. Questa è quarta parte della prevenzione - ha avvertito - Le politiche di riduzione del danno hanno un impatto positivo sulla qualità della vita del paziente e un effetto anche dal punto di vista economico. L'Oms nel 2022 ha individuato nella strategia 'salvare vite spendendo meno' uno dei cardini della prevenzione: 1 dollaro investito oggi in questo campo ne produrrà 7 nel 2030. Se vediamo il fumo, l'Oms ci dice che 1 dollaro investito nella prevenzione ne produrrà 7,43, per l'acol 9,1 e per il sale 12,8".

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