in assemblea a bari
Parenti vittime di mafia «Lo Stato non ci abbandoni»
Al momento sono 972 i nomi delle vittime innocenti di mafia, di cui 104 minori, inseriti nell’elenco 'Vivi' di Libera. In Puglia le vittime innocenti sono 70 di cui circa il 30% donne e bambini
BARI - Politici «meno indifferenti» rispetto al fenomeno mafioso, uno «Stato più presente con risorse umane ed economiche», e una «maggiore capacità» dei cittadini di riconoscere che «i mafiosi non stanno sempre altrove, ma sono tra noi, nella nostra società». E’ quanto emerso nel corso dell’assemblea dei circa 400 familiari delle vittime innocenti di mafia che si sono confrontati a Bari in vista della 23/ma 'Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie' organizzata dall’associazione 'Libera' di Don Luigi Ciotti, presente alla iniziativa di oggi, e in programma il 21 marzo a Foggia, e in contemporanea in migliaia di luoghi in tutta Italia, Europa e America Latina.
Rispetto a 20 anni fa le coscienze dei cittadini sono meno sorde, ma ora è «lo Stato che deve cambiare in meglio», dice Paolo Marcone, figlio di Francesco, direttore dell’ufficio del Registro di Foggia, assassinato nel portone di casa il 31 marzo del 1995, dopo avere scoperto e denunciato alcune truffe nell’ambito del suo lavoro. Per Marcone, «oggi non si ha più paura di parlare di mafia» ma occorre «un maggiore impegno da parte delle istituzioni e dello Stato: lo Stato - afferma - non ci deve abbandonare e deve investire sempre più risorse economiche e risorse umane nella lotta alla mafia».
«Lo Stato - prosegue - fa bene a dire 'chi sa parli' affinché si metta una volta per tutte da parte l’omertà, però è lo Stato che deve tutelare chi vuole collaborare, deve tutelare anche noi che trasformiamo il dolore in impegno». «Lo Stato - prosegue - deve essere presente con le forze dell’Ordine e con i mezzi all’avanguardia» come quelli di cui dispone la mafia.
Del coraggio di denunciare, poi, parla Alessandro Tedesco, figlio di Giovanbattista, il capo della vigilanza dell’Italsider di Taranto, che venne ucciso il 2 ottobre del 1989 dai killer della Sacra Corona Unita, perché non aveva accettato di chiudere un occhio su alcuni traffici illeciti che aveva notato. «Credo che ognuno di noi debba fare la propria parte - afferma Tedesco - e quindi noi familiari non chiediamo a nessuno ma neanche a noi stessi di essere eroi». «Neanche i nostri cari - evidenzia - lo sono stati: loro hanno solamente compiuto con dignità, onestà e lealtà il proprio dovere».
Chiede invece più «etica nella politica e più senso delle istituzioni» Dario Montana, fratello di Beppe, il commissario di Polizia ucciso da Cosa nostra il 28 luglio del 1985 mentre era con la fidanzata a Porticello, frazione del comune di Santa Flavia (Palermo). «Non mi sembra - rileva - che abbiamo vissuto una campagna elettorale particolarmente attenta a certi temi. Mi sembra che siamo ancora in una fase in cui c'è una politica ancora autoreferenziale, che non si pone realmente il tema del cambiamento». Infine, Montana esorta a non pensare ai mafiosi come «marziani che stanno sempre altrove: i veri mafiosi - evidenzia - stanno nella società, stanno in mezzo a noi», e «per riconoscerli bisogna innanzitutto accettare l’idea che esistono».
Al momento sono 972 i nomi delle vittime innocenti di mafia, di cui 104 minori, inseriti nell’elenco 'Vivi' di Libera. Il 45% delle vittime sono state uccise in Sicilia, regione cui seguono la Campania con il 20% delle vittime e la Calabria con il 17%. Il picco di omicidi si è verificato nel 1982 e nel 1990. In Puglia le vittime innocenti sono 70 di cui circa il 30% sono donne e bambini. Il 75% dei familiari di tutte le vittime innocenti di mafia non conosce la verità sulla morte dei loro cari e non può avere giustizia. (di Vincenzo Chiumarulo, ANSA)