Sentenza della Cassazione

Tifosi in campo dopo Lecce-Carpi «L'invasione è sempre reato»

ROMA - Gli ultrà che invadono il campo di gioco, sia prima che dopo il termine della partita, commettono comunque reato anche se il novantesimo minuto è stato fischiato e le squadre si sono ritirate negli spogliatoi. Lo sottolinea la Cassazione confermando le condanne per sei supporter del Lecce che dopo la sconfitta in casa subita dal Carpi promosso in B, nella finale play-off del campionato nazionale di 'lega Prò il sedici giugno del 2013, sfondavano una porta antipanico scendendo in campo e cercando di entrare negli spogliatoi per avventarsi contro i calciatori del Lecce. Vennero fermati dagli steward e dalla polizia accorsa, ma subito dopo formarono un assembramento di 400 ultrà «intraprendendo una fitta sassaiola" contro le forze dell’ordine per raggiungere il pullman del Lecce. Senza successo i loro legali hanno sostenuto davanti alla Suprema Corte che la partita era ormai conclusa e non si poteva contestare l’invasione di campo.

Ma gli 'ermellinì hanno rilevato che l’incriminazione scatta "in relazione a qualunque condotta di invasione di campo che sia posta in essere all’interno dell’impianto sportivo (lo stadio) 'in occasionè dell’evento sportivo (l'incontro di calcio), dunque non soltanto durante i 90 minuti del match, ma anche nella fase precedente al fischio di inizio (di 'popolamentò dell’arena), nell’intervallo fra i due tempi e nella fase post-gara (di sfollamento dall’impianto)». Riconosciuti anche i reati di resistenza a pubblico ufficiale sia nei confronti degli steward che ai danni degli agenti di polizia.

Nicola Pinto è stato condannato a sei mesi di arresto e duemila euro di multa; Antonio Carmine Angelè a due anni e quattro mesi; Simone Giannini a due anni e sei mesi; Massimiliano Stefanizzi a due anni con sospensione condizionale della pena; Riccardo Tondo a due anni e sei mesi; Andrea De Giorgi a tre anni e due mesi. Il verdetto della Cassazione - sentenza 52172 della Sesta sezione penale - conferma la decisione emessa dalla Corte di Appello di Lecce il 29 aprile 2016.

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