Cento militari e cani antidroga impegnati

Usura, blitz in provincia di Taranto 15 arresti e perquisizioni anche a Bari, Lecce e Potenza

TARANTO - Avrebbero prestato denaro a tassi da usura a piccoli e medi imprenditori e commercianti in difficoltà, utilizzando nomi in codice come 'agnellò o 'carnè per indicare le richieste di denaro delle vittime: la presunta organizzazione criminale, con base operativa a Palagiano, nel tarantino, e ramificazioni in altre parti d’Italia, è stata sgominata dai carabinieri.

Sono in tutto 14 i destinatari di un provvedimento cautelare emesso dal gip del tribunale di Taranto Patrizia Todisco su richiesta del sostituto procuratore Giovanna Cannarile. Otto le persone arrestate: cinque in carcere (due erano già rinchiuse nella casa circondariale di Taranto perché condannate all’ ergastolo per duplice omicidio dalla Corte d’Assise d’Appello) e tre agli arresti domiciliari; mentre per sei indagati è stato disposto l’obbligo di dimora. In 12 sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’usura e al riciclaggio, nonché di una tentata estorsione in concorso.

Il ruolo di promotore dell’associazione viene attribuito dagli inquirenti al 56enne Ferdinando Rizzi, soprannominato 'Fernand u rizz', imprenditore edile di Palagiano, con precedenti penali anche per associazione mafiosa nell’ambito dell’organizzazione locale denominata 'I compari di Palagianò. Sotto la sua guida, secondo gli inquirenti, operava in qualità di luogotenente e finanziatore il 61enne palagianese pregiudicato Nunzio Ruffino, alias 'Capu tortà, idraulico di professione. Gli arrestati avrebbero chiesto la restituzione del denaro con condotte intimidatorie ed estorsive. Il suo referente diretto, al quale affidava il denaro, sarebbe stato il 46enne Vincenzo Carone, macellaio di Palagiano, al quale è stato notificato l’obbligo di dimora, con precedenti per usura, che avrebbe ricoperto un ruolo di 'tramitè tra i finanziatori e le vittime, imprenditori in difficoltà prevalentemente di Palagiano, ai quali, secondo gli inquirenti, con la collaborazione della moglie Ersilia Forino (anche per lei obbligo di dimora), consegnava il danaro prestato, riscuotendo poi gli interessi illeciti.

La macelleria è risultata essere il luogo di abituale richiesta e consegne del denaro. Nel locale le vittime di usura, fingendosi clienti, si rivolgevano a Carone e alla sua consorte usando termini convenzionali quali 'agnellò o 'carnè per indicare la necessità di ricevere rispettivamente denaro contante o assegni.

Dalle indagini è emersa l’esistenza di un braccio armato a disposizione del sodalizio, composto da Gennaro Mancini, 53enne operaio metalmeccanico di Palagiano, con precedenti per detenzione e porto illegale di armi e munizioni (in carcere al pari di Rizzi e Ruffino), Francesco Mancini, fruttivendolo di 41 anni, e Pasquale Fronza, operaio 39enne, anche loro di Palagiano. Questi ultimi due erano già detenuti in quanto condannati dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto all’ergastolo per il duplice omicidio di Domenico Attorre e Domenico Petruzzelli, uccisi in agro di Mottola (Taranto) nel 2011. Sarebbero stati loro, secondo gli investigatori, ad intimorire con danneggiamenti e richieste estorsive le vittime per costringerle a restituire le somme pattuite.

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