il riordino

Ospedali pugliesi a rischio sono 9 in una rosa di 14

Giuseppe Armenise

Intanto il presidente della giunta regionale, Michele Emiliano, incarta un clima di pacificazione con gli enti locali e gli ordini professionali

di GIUSEPPE ARMENISE

BARI - Nove ospedali in meno, ma al governo nazionale potrebbero non bastare a far quadrare i conti della sanità pugliese. Nove ospedali pugliesi che, al momento, non raggiungono gli standard per essere classificati dalla legge come tali. Nove su una rosa di quattordici «papabili» destinati al taglio. La parola definitiva tocca ora alla giunta regionale che «è in camera di consiglio» fino a domani, quando il provvedimento con il nuovo dimensionamento del sistema ospedaliero della Puglia sarà licenziato e pronto per andare in Consiglio regionale.
Intanto il presidente della giunta regionale, Michele Emiliano, incarta un clima di pacificazione con gli enti locali (fatta eccezione per il primo cittadino di Terlizzi, Ninni Gemmato, che annuncia la mobilitazione dei suoi cittadini contro l’ipotesi di cancellazione dell’ospedale) gli ordini professionali e alcune sigle sindacali di categoria.

Ieri, in quella che il primo cittadino di Puglia ha definito «un’assemblea qualificata» della sanità pugliese (oltre 4 ore di dibattito, 2.500 accessi costanti per la diretta streaming e 29 interventi di sindaci e parti sociali) persino gli interventi più convinti (vedi ad esempio i sindaci di Molfetta, Ostuni e Copertino) si sono rivelati all’insegna della cosiddetta «critica costruttiva». E alla fine Emiliano ha tirato le conclusioni, anche alla luce delle numerose considerazioni ascoltate non prima di aver dato del «traditore della Puglia» a chi non ha voluto accettare il confronto sul piano di riordino, preferendo «farsi campagna elettorale»
«A Foggia - ha così rivelato i contenuti della sua relazione alla giunta - ci sono già troppi posti letto e dobbiamo ridurli. Bisogna ragionare invece sull’ospedale di Lucera, che era già programmato per essere chiuso ma le stesse norme potrebbero consentire - in ambiti molto prudenti - di tutelare. Poi ci sono le strutture di San Severo, Cerignola e Manfredonia: nessuno dei tre ha totalmente il requisito di primo livello, e dunque potrebbe verificarsi l’ipotesi di diventare ospedali di base rafforzati».

Passando alla provincia di Taranto, il presidente ha ribadito che sul Santissima Annunziata, in attesa della costruzione del nuovo ospedale, non c’è alcuna discussione, essendo struttura di secondo livello. Per gli altri (nessuno dei quattro può essere di primo livello) non si esclude di adottare la strada degli ospedali di «base rafforzati». «Mentre a Foggia ci sono due hub di secondo livello – ha detto Emiliano - a Taranto ce n’è uno solo e questo potrebbe costringerci a individuare un ospedale di primo livello, ma sul punto i sindaci hanno vedute diverse e questo rende più complicata la nostra scelta». A Lecce c’è una situazione particolare dovuta dalla struttura della provincia, alla rete stradale e ad altri aspetti storici. Viene quindi confermato che la provincia non subirà chiusure.

«Stiamo tentando una sfida, quella di salvare tutti gli ospedali – ha detto il presidente – ai sindaci dico che cercheremo di trovare un livello di compensazione complessivo per salvaguardare tutte le strutture. Per quanto riguarda la provincia di Bari, è stato di grande aiuto l’intervento del sindaco di Triggiano che è anche un medico, che è riuscito a comprendere e spiegare che le conversioni degli ospedali claudicanti e insicuri possono essere delle opportunità sotto diversi punti di vista, in termini di Pil (Prodotto interno lordo, ndr), di addetti, di servizi. La conversione - ha continuato Emiliano - non è una chiusura e non è un taglio. Nessuno degli investimenti in corso (400 milioni di euro) può essere considerato inutile e tutte le disponibilità di denaro per finanziamenti già assegnati saranno rese coerenti con la definizione della mission delle strutture».

Il presidente ha poi aggiunto: «La Bat consolida la vocazione ospedaliera articolata su due ospedali maggiori (Andria e Barletta) che contiamo di candidare come nodi di primo livello e su un ospedale di base. A Brindisi, i numeri sono chiari, Francavilla ha una dimensione che non può esserle negata mentre l’ospedale di Ostuni resta di base e gli altri saranno riconvertiti».
La novità assoluta della giornata nella successiva dichiarazione. Sullo stile di quanto già stanno facendo, ad esempio in Veneto, e anche sulla scorta di quanto ventilato da alcuni sindacati nei giorni scorsi, la strutture ospedaliere già chiuse finora (22) e quelle destinate a finire sotto la tagliola del ridimensionamento di sistema, potrebbero essere «offerte» alla gestione dei privati. Emiliano si è spinto ad annunciare l’apertura di una discussione con il Sistema sanitario nazionale. «È possibile lanciare una sfida?»

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