Nel Duomo di Modena le ultime note d'addio a Luciano Pavarotti

MODENA - Portato a spalla, dentro la sua grande bara bianca, Luciano Pavarotti è uscito oggi alle 16,40 dal Duomo della sua città, Modena; ed è entrato nella leggenda. Il grande tenore ha ottenuto così il suo ultimo applauso, l'ultimo «esaurito» di una carriera fatta di trionfi. Il tenorissimo ha avuto un funerale quasi da re, dopo il fiume di gente che per tre giorni ha sfilato nella sua camera ardente.

Milioni gli spettatori che hanno assistito al rito davanti al televisore. Decine di migliaia quelli incollati sotto il sole davanti ai due maxi-schermi nelle piazze di Modena. Solo 700 le persone all'interno del Duomo, tra autorità, familiari, amici di una vita e moltissimi agenti della sicurezza; ed anche un manipolo di giornalisti (selezionati sui 450 accreditati) stretti fra due colonne e una parete, dove si vedeva poco, ma si sentiva tutta l'emozione, il dolore, la commozione del rito funebre. Se c'è un'immagine, una sola, di questi novanta minuti commossi passati in chiesa, un'immagine che riassume anche la carriera artistica di Pavarotti è stato vedere Franco Zeffirelli, decano della regia lirica, accanto a Bono degli U2: come dire l'opera e il pop stretti a braccetto. Così è sembrato un gesto non di maniera quello fatto dal presidente Romano Prodi, dal vice presidente del Consiglio Francesco Rutelli e dal ministro Arturo Parisi, che hanno fatto la comunione insieme ai familiari dello scomparso.
Il rito è cominciato puntualissimo alle ore 15 con la dolcissima Ave Maria dall'Otello di Verdi cantata da Raina Kabaivanska, grande soprano bulgara, residente a Modena. E subito si è capito quanto sarebbe stato intenso e commosso. Fuori del Duomo, davanti ai maxi-schermo si applaudiva spesso; all'interno c'è stato un lunghissimo irrefrenabile applauso alla fine, quando si è ascoltata la registrazione con il duetto padre figlio. Tanti passaggi hanno commosso i partecipanti, quelli anonimi e quelli famosi come Kofi Annan, l'ex segretario dell'Onu, Milly Carlucci e Teddy Reno, Zucchero e Jovanotti ed altri ancora.
Emozionante e carica di significati l'omelia dell'arcivescovo Benito Cocchi, che ha officiato il rito insieme a 18 concelebranti. Il sacerdote ha ricordato tutte le ragioni per le quali Pavarotti è stato grande non solo come artista e per le quali resterà nel cuore dei cittadini di Modena e di tutto il mondo. Tema quello dell'eccellenza artistica intrecciata alla qualità generosa del carattere, che è stato ripreso poi nel breve intervento del presidente del Consiglio Prodi, che ha parlato alla fine del rito. Prodi lo ha definito «non solo un grande artista, ma anche un messaggero di pace e di fratellanza. Ed ha per questo notato significativamente la presenza di Kofi Annan, venuto qui anche per salutare il Pavarotti ambasciatore di pace e difensore delle cause dei più umili. Prodi ha così infine espresso «la profonda gratitudine dell'Italia».
Vari passaggi del rito sono stati arricchiti dal canto della «Corale Rossini», il gruppo musicale nel quale lo stesso Pavarotti giovanissimo ha mosso i suoi primi passi; allo stesso modo il flauto di Andrea Griminelli ha sottolineato il momento dell'offertorio, con un brano dell'Orfeo e Euridice di Gluck. Ma il momento più squisitamente artistico, quello che ha fatto vibrare il cuore di tutti, è stato il momento in cui Andrea Bocelli, cantante grandissimo e molto amico di Pavarotti, ha intonato lo struggente 'Ave verum corpus' di Mozart. Infine, all'ultimo, a sorpresa per tutti i partecipanti al rito, si è ascoltata la vera voce di Pavarotti intrecciata a quella di suo padre, l'umile fornaio che ha trasmesso la sua passione per la musica al suo grande figliolo: per un paio di minuti le due voci, del padre e del figlio, si sono fuse nell'interpretazione del 'Panis angelicus'. Alla sinistra della bara erano sedute tutte le donne di Pavarotti, da una parte la seconda moglie Nicoletta, con un brillante vestito verde, accanto ai suoi genitori. All'altro capo della fila la prima moglie Adua fra le tre figlie e la sorella del tenore, Gabriella. Fra le due mogli non c'è stato, almeno in chiesa, alcun cenno di saluto reciproco o di solidale colloquio. Rimasta a casa, la piccola Alice di quattro anni, che ieri aveva portato in chiesa un suo disegno, lasciato accanto alla bara.
Maurizio Giammusso

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