Libano - La scommessa di D'Alema

ROMA - L'Italia è in campo e continua a giocare, svolgendo un ruolo costante di costruzione del dialogo e lavorando con gli altri partner internazionali per la ricerca di una soluzione politica e negoziale alla crisi israelo-libanese.
In questo scenario, il ministro degli Esteri Massimo D'Alema domani sarà a Gerusalemme dove incontrerà le maggiori autorità israeliane e completerà la serie di contatti e colloqui serrati avuti in questi giorni con le parti in causa.
Dopo la conferenza di Roma sul Libano di mercoledì scorso e l'incontro con il presidente palestinese Abu Mazen giovedì alla Farnesina, domani il capo della diplomazia italiana avrà l'occasione di discutere direttamente con il primo ministro Ehud Olmert, il ministro degli esteri Tzipi Livni e quello della difesa Amir Peretz.
La diplomazia prova a serrare i ranghi e accelerare i tempi per una soluzione alla guerra in corso. Il segretario di Stato Condoleezza Rice - co-presidente con D'Alema della Conferenza di Roma sul Libano - incrocia i suoi itinerari diplomatici con quelli del titolare della Farnesina. Questo pomeriggio è giunta in Israele dove incontrerà i dirigenti israeliani prima di volare probabilmente a Beirut per colloqui con quelli libanesi.
Lo stesso presidente George Bush, insieme al premier britannico Tony Blair, ieri ha chiesto una rapida decisione delle Nazioni Unite sulla formazione di una forza internazionale da inviare sul confine israelo-libanese.
In questa fase, l'Italia ha svolto un ruolo importante costruendo, fin dall'inizio delle ostilità, una rete di contatti tra le parti coinvolte. Romano Prodi e Massimo D'Alema hanno creduto da subito nella necessità del dialogo e insistendo con convinzione su questa linea l'Italia è stata fra gli artefici di una riavvicinamento diplomatico generale che, anche se non ha ancora portato a nessun risultato concreto per quanto riguarda il cessate il fuoco e la forza multinazionale, ha però creato una clima di fondo nuovo e positivo sul quale si può adesso lavorare per la ricerca della pace e della stabilità.
La strada è ancora stretta e il lavoro da fare non manca. La guerra va avanti, ma nessuno poteva certo sperare che la diplomazia potesse in pochi giorni fermare le armi.

Certo, le notizie che arrivano anche oggi non sono delle migliori.
Gli israeliani hanno rifiutato la tregua di 72 ore chiesta dall'Onu per motivi umanitari affermando di aver già detto sì alla creazione di un corridoio per i soccorsi. La Siria, da parte sua, ha detto no all'invio di una forza internazionale perché, dice in sintesi Damasco, farebbe gli interessi di Israele.
La Francia ha criticato la richiesta anglo-americana per una forza Onu affermando che la prima priorità deve essere il cessate il fuoco e che non ha senso parlare di una forza internazionale senza prima avere uno stop delle ostilità.
D'altra parte, i tempi della diplomazia sono necessariamente lunghi e non possono competere in velocità con i lampi della guerra. L'Italia continua a credere che sia importante guardare ad una visione regionale completa che coinvolga tutti i paesi dell'area. Per questo, con i dirigenti israeliani, D'Alema parlerà della questione libanese, ma anche di quella palestinese perché si continua a sparare anche a sud, a Gaza.
La soluzione non è per domani. Ci vorrà ancora tempo, ma la strada intrapresa - quella della diplomazia, del dialogo e delle pressioni sulle parti - è senz'altro quella giusta. Prossimo appuntamento - dopo Gerusalemme - a Bruxelles, martedì, per una riunione straordinaria dei ministri degli esteri europei.
Stefano Polli

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