«Gema», il crac del secolo La Finanza sequestra beni per oltre 17 milioni
di ERNESTO TARDIVO
FOGGIA - Piove sul bagnato sulla vicenda Gema. Diluvia su Chicco Tavasci e la sua famiglia. Prima l’arresto per il crac, poi le accuse, quindi - ne abbiamo dato notizia ieri - il suo convolgimento insieme ad altre sei persone (perlopiù familiari, moglie e figlia) a conclusione delle indagini della Procura che ha ipotizzato reati pesanti (peculato, associazione per delinquere, falso in bilancio ed altro) ora il sequestro del patrimonio, i gioielli di famiglia a decretare la fine di una saga e di un’epoca, quella degli Alberini-Tavasci.
C’erano una volta i grandi riscossori di tributi... Ora gli hanno tolto anche gli orologi di marca e le tenute negli agri «in» della Toscana e delle colline senesi, fors’anche la barca ormeggiata in Turchia. Beni per un ammontare complessivo di 17 milioni e mezzo di euro sigillati, tolti alla disponibilità di Tavasci. Tra i beni sequestrati 5 immobili della Gema tra cui le sedi della ditta a Foggia e in provincia di Lecce, una proprietà di Tavasci in provincia di Siena (si tratta di un casale in Badia San Salvatore) e quattro quote societarie: la Mival Multiservice srl Foggia che si occupa dell’af fitto di beni a terzi e la Ecologia 2000 srl che si occupa di servizi (quote di Tavasci) la Canam srl e la Comit Consulting di Corriero.
Già, perchè secondo le ipotesi accusatorie Tavasci e Corriero prendevano direttamente dalle casse della Gema per proprie finalità: riscontrato dalla Guardia di Finanza un acquisto di Corriero anche di un orologio Rolex. Tavasci avrebbe utilizzato i fondi della Gema per pagare l’ormeggio della sua barca in Turchia, per finanziare il Foggia Calcio e anche per pagare i marinari nel corso delle sue crociere in Turchia. Gli indagati - a giudizio della Finanza che ha svolto le indagini - sapevano della loro situazione economica e che avrebbero perso ogni appalto dai comuni per questo Corriero avrebbe svolto alcuni viaggi in Sardegna, e in altre parti di Italia come Milano e Roma per cercare di ottenere appalti in altri enti. In questo modo con i soldi che avrebbero ricevuto da questi altri enti avrebbero coperto i buchi con gli altri comuni.
La storia del crac è nota: la Gema invece di riversare ai comuni i tributi li avrebbe utilizzati per propri interessi. E’ quanto scoperto dalla Guardia di finanza e della procura di Foggia che hanno sequestrato beni immobili e mobili per un valore di 17milioni e mezzo di euro ai sette indagati coinvolti nell’inchiesta sulla Gema, l’azienda che un tempo si occupava della riscossione dei tributi in provincia di Foggia e in altre zone della Penisola.
Ieri il sostituto procuratore Antonio Laronga - è noto -ha inviato l’avviso delle conclusioni delle indagini ai sette indagati: a Lanfranco Tavasci, ex presidente della Gema, alla moglie Mirella Alberini, alla figlia Valentina Tavasci, a Giuseppe Corriero ex amministratore delegato della società, a Giovanni Fanelli e a Vincenzo Laricchia, che facevano parte del consiglio di amministrazione e – per una posizione marginale – anche a Giulio Gentile. Per loro le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere e peculato: si sarebbero appropriati di oltre 22milioni di euro, i tributi che la Gema avrebbe dovuto riversare ai 44 comuni pugliesi, per conto dei quali svolgeva l’attività di riscossione.
(La notizia completa sull'edizione della Gazzetta in edicola o scaricabile qui)
FOGGIA - Piove sul bagnato sulla vicenda Gema. Diluvia su Chicco Tavasci e la sua famiglia. Prima l’arresto per il crac, poi le accuse, quindi - ne abbiamo dato notizia ieri - il suo convolgimento insieme ad altre sei persone (perlopiù familiari, moglie e figlia) a conclusione delle indagini della Procura che ha ipotizzato reati pesanti (peculato, associazione per delinquere, falso in bilancio ed altro) ora il sequestro del patrimonio, i gioielli di famiglia a decretare la fine di una saga e di un’epoca, quella degli Alberini-Tavasci.
C’erano una volta i grandi riscossori di tributi... Ora gli hanno tolto anche gli orologi di marca e le tenute negli agri «in» della Toscana e delle colline senesi, fors’anche la barca ormeggiata in Turchia. Beni per un ammontare complessivo di 17 milioni e mezzo di euro sigillati, tolti alla disponibilità di Tavasci. Tra i beni sequestrati 5 immobili della Gema tra cui le sedi della ditta a Foggia e in provincia di Lecce, una proprietà di Tavasci in provincia di Siena (si tratta di un casale in Badia San Salvatore) e quattro quote societarie: la Mival Multiservice srl Foggia che si occupa dell’af fitto di beni a terzi e la Ecologia 2000 srl che si occupa di servizi (quote di Tavasci) la Canam srl e la Comit Consulting di Corriero.
Già, perchè secondo le ipotesi accusatorie Tavasci e Corriero prendevano direttamente dalle casse della Gema per proprie finalità: riscontrato dalla Guardia di Finanza un acquisto di Corriero anche di un orologio Rolex. Tavasci avrebbe utilizzato i fondi della Gema per pagare l’ormeggio della sua barca in Turchia, per finanziare il Foggia Calcio e anche per pagare i marinari nel corso delle sue crociere in Turchia. Gli indagati - a giudizio della Finanza che ha svolto le indagini - sapevano della loro situazione economica e che avrebbero perso ogni appalto dai comuni per questo Corriero avrebbe svolto alcuni viaggi in Sardegna, e in altre parti di Italia come Milano e Roma per cercare di ottenere appalti in altri enti. In questo modo con i soldi che avrebbero ricevuto da questi altri enti avrebbero coperto i buchi con gli altri comuni.
La storia del crac è nota: la Gema invece di riversare ai comuni i tributi li avrebbe utilizzati per propri interessi. E’ quanto scoperto dalla Guardia di finanza e della procura di Foggia che hanno sequestrato beni immobili e mobili per un valore di 17milioni e mezzo di euro ai sette indagati coinvolti nell’inchiesta sulla Gema, l’azienda che un tempo si occupava della riscossione dei tributi in provincia di Foggia e in altre zone della Penisola.
Ieri il sostituto procuratore Antonio Laronga - è noto -ha inviato l’avviso delle conclusioni delle indagini ai sette indagati: a Lanfranco Tavasci, ex presidente della Gema, alla moglie Mirella Alberini, alla figlia Valentina Tavasci, a Giuseppe Corriero ex amministratore delegato della società, a Giovanni Fanelli e a Vincenzo Laricchia, che facevano parte del consiglio di amministrazione e – per una posizione marginale – anche a Giulio Gentile. Per loro le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere e peculato: si sarebbero appropriati di oltre 22milioni di euro, i tributi che la Gema avrebbe dovuto riversare ai 44 comuni pugliesi, per conto dei quali svolgeva l’attività di riscossione.
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