Taranto, rapporto mafia-politica  spuntano due nuovi indagati

di MIMMO MAZZA

TARANTO - Sono 36 gli indagati nell’inchiesta sul clan Scarci, sgominato una settimana fa dagli agenti della Squadra Mobile con l’esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare. Oltre al filone principale, che riguarda la famiglia del rione Salinella, ci sono altre posizioni al vaglio del sostituto procuratore Lino Giorgio Bruno.

Per associazione a delinquere di stampa mafioso, in particolare, sono indagate 12 persone. Gli inquirenti poi stanno indagando per favoreggiamento nei confronti di tre persone mentre altre due rispondono di voto di scambio aggravato dall’agevolazione dell’associazione mafiosa in concorso, un aspetto sul quale, peraltro il gip Antonia Martalò, nel firmare l’ordinanza di custodia cautelare eseguita dalla polizia, si era già soffermata, rilevando che dalle operazioni di intercettazione effettuate durante le elezioni regionali del 2010, erano emersi i contatti intrattenuti tra Franco Scarci e Ernesto Spezio, detto “pescefritto”, uno dei più attivi collaboratori del consigliere regionale del Pdl Gianfranco Chiarelli.

L’indagato numero uno è Franco Scarci, capo indiscusso della famiglia, condannato a 17 anni di reclusione nell’ambito del blitz Ellesponto mentre non è ancora definitiva la condanna per l’operazione anti-usura Cahors. Scarcerato il 26 febbraio del 2009 dal carcere di Alessandria in quanto beneficiario della liberazione anticipata, nei confronti di Franco Scarci era stata disposta la sorveglianza speciale sino al 10 aprile del 2014. Scarci tornò in carcere per un paio di giorni alla fine di luglio del 2010 in quanto la polizia lo scoprì a Scanzano Jonico in compagnia di alcuni pregiudicati mentre lo scorso 14 aprile fu fermato e arrestato dai carabinieri al rione Salinella in quanto sorpreso alla guida di una Fiat 500 pur essendo privo della patente. Poi, ovviamente, si passa in rassegna il resto della famiglia, partendo dai fratelli Giuseppe e Andrea, fino ai rispettivi figli.

Secondo gli inquirenti, il clan Scarci, subito dopo il ritorno in libertà di Franco, aveva assunto un modus operando che costringeva gli imprenditori e i commercianti a corrispondere loro un contributo per affrontare le spese di altri amici detenuti. Inoltre, il clan era riuscito ad inserirsi nel settore del commercio ittico cittadino (in particolare del novellame), con l’imposizione di un pesante condizionamento sulle altre attività imprenditoriali, tali da condizionare la libera concorrenza e pur non avendo, i fratelli Scarci, nessuna dichiarata attività di impresa o una adeguata struttura societaria. Gli investigatori della Squadra Mobile hanno accertato una diffusa condizione di omertà nell’ambiente che circonda la famiglia Scarci, tanto che le intercettazioni telefoniche o ambientali hanno consentito di accertare che le persone sentite su alcuni fatti rivelassero immediatamente ai componenti del clan il contenuto delle dichiarazioni rese e l’oggetto delle indagini.

Atteggiamenti che secondo la Direzione distrettuale antimafia di Lecce costituiscono indici chiari ed ulteriori della capacità intimidatoria di una consorteria ben radicata da tempo nel territorio della città di Taranto.

L’elevato numero di indagati dimostra probabilmente che il gruppo poteva contare su una rete di sostegno molto capillare, capace da un lato di garantire coperture e dall’altro di far espandere l’attività del clan Scarci anche ad attività non tipicamente criminali come l’intervento nelle campagne elettorali che si susseguono praticamente di anno in anno.

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