l'inchiesta

Omicidio Diviesti, la Dda stringe il cerchio: notificati 5 avvisi di garanzia

aldo losito e ISABELLA MASELLI

Il 26enne di Barletta trovato morto carbonizzato in campagna. Venerdì prevista l’autopsia al Policlinico. Servirà anche l’esame del Dna

BARLETTA - Cinque indagati per il presunto omicidio mafioso del 26enne Francesco Diviesti. La Dda di Bari ha notificato nella tarda serata di oggi 30 aprile i primi avvisi di garanzia ai sospettati del delitto del giovane, il cui corpo senza vita, semicarbonizzato (anche se la conferma sulla identità del cadavere arriverà solo dal dna), è stato ritrovato la mattina del 29 aprile nelle campagne alla periferia di Canosa. Il 26enne era scomparso la sera del 25 aprile. L’autopsia sarà eseguita domani nell’istituto di medicina legale del Policlinico di Bari dalla dottoressa Sara Sablone alla quale i pm Daniela Chimienti e Ettore Cardinali conferiranno l’incarico per stabilire la causa del decesso ma anche confermare che quel corpo appartenga al 26enne.

Gli inquirenti hanno inoltre già disposto l’acquisizione dei tabulati telefonici per ricostruire le ultime ore di vita di Francesco Diviesti, oltre a raccogliere testimonianze di amici, familiari e conoscenti. Ruota attorno a questi elementi l’inchiesta della Dda sulla scomparsa (e con ogni probabilità morte) del giovane. Ai cinque indagati i pm contestano il concorso in omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso. Per tutto il giorno, prima della notifica dell’avviso per l’autopsia, la famiglia Diviesti, tramite il legale Michele Cianci, ha sostenuto che «non vi è alcuna certezza» che il cadavere sia quello del 26enne, perché «ad oggi non vi è stato alcun rapporto comparativo né, tantomeno, alcun riconoscimento da parte dei genitori». La conferma arriverà domani.

Il 26enne - hanno ricostruito per il momento le indagini - era uscito di casa intorno alle 20.30. A mezzanotte dello stesso giorno era stato visto entrare nel barber shop in cui lavora col padre, come registrato dal sistema di videosorveglianza del salone. Le indagini, affidate alla Polizia, si concentrano anche su una rissa avvenuta qualche giorno prima nei pressi di un bar. Non si esclude che possa essere il movente della scomparsa e della tragica fine del giovane, forse avvenuta in un luogo diverso da quello dove è stato trovato il cadavere, portato poi lì per cancellare le tracce. Una morte che arriva a tre anni di distanza da quella (molto simile) di Michele Cilli, che peraltro la vittima conosceva. «È una situazione molto drammatica, che offende la gente per bene di questa provincia, ma non siamo in una serialità tale da far pensare ad un allarme sociale» dice il questore Alfredo Fabbrocini. «Potremmo tratteggiare meglio lo stato sociale di questa provincia - aggiunge - nel momento in cui a noi saranno del tutto chiare le cause, le motivazioni e l’ambiente all’interno del quale è maturato un gesto di tale gravità. È vera una cosa, però, che episodi del genere possono succedere in qualsiasi provincia d’Italia e in qualsiasi momento, anche in contesti del tutto sani, e non intervenire rende noi responsabili, perché poi i casi possono diventare molteplici. Bisogna capire come nasce, quindi individuare immediatamente i responsabili perché non diventi una serialità». «Non ci daremo pace - conclude il questore - fino a quando magistratura e forze dell’ordine andranno ad individuare i responsabili. Le istituzioni hanno un debito d’onore, e per questo sarà convogliato il massimo impegno per cercare di risolvere il caso».

Sulla vicenda è intervenuto anche il senatore Filippo Melchiorre, componente della Commissione antimafia: «Barletta, come l’intera provincia Bat, non può e non deve essere lasciata sola. Costante deve essere l’azione sinergica tra magistratura, forze dell’ordine e amministrazioni locali per garantire legalità e sicurezza».

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