La decisione

Depistaggio d'indagini su Pm di Trani: torna libero ex capo Noe

Massimiliano Scagliarini

Il Tribunale del Riesame di Potenza ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari alla quale era sottoposto dal 18 marzo scorso il tenente colonnello Angelo Colacicco

TRANI - È tornato libero dopo quasi un mese ai domiciliari il tenente colonnello dei carabinieri Angelo Colacicco. Lo ha deciso il Riesame di Potenza, che ha annullato l’ordinanza con cui il 18 marzo l’ex comandante del Noe pugliese è stato arrestato con l’accusa di depistaggio: il militare di Bari (seguito dall'avvocato di Bitonto Francesco Ruggiero) avrebbe fornito false informazioni alla Procura di Lecce a proposito di una vicenda che avrebbe astrattamente potuto riguardare uno dei magistrati di Trani finiti sotto inchiesta a Lecce.

Il Tribunale della Libertà ha ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza ipotizzati a carico di Colacicco dalla Procura di Potenza. 

«In sede di riesame si è acclarata l'estraneità» del tenente colonnello Angelo Colacicco «con l'inchiesta leccese avente ad oggetto fatti ed episodi di corruttela da parte di magistrati in servizio a Trani». Lo dichiara in una nota il difensore dell’ex comandante del Noe di carabinieri di Bari, l’avvocato Francesco Ruggiero, commentando la decisione dei giudici del Tribunale del Riesame di Potenza che oggi hanno annullato l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari eseguita il 18 marzo scorso. Colaciccio è accusato di depistaggio e calunnia. «L'aver posto nel nulla un provvedimento restrittivo eseguito nei confronti di un ufficiale dei carabinieri, senza che vi fossero i presupposti di legge - dice il legale - , restituisce dignità e decoro all’intera Arma nonché al tenente colonnello Colacicco», il quale «ha sempre avuto ampia fiducia nella magistratura tutta nonché nell’Arma dei carabinieri».

I giudici hanno ritenuto «l'ordinanza applicativa della misura cautelare nulla per l’assenza di autonoma valutazione da parte del gip della prospettazione accusatoria». Nel merito della accuse, con riferimento all’ipotesi di aver calunniato la pm leccese Roberta Licci che indagava sui colleghi magistrati di Trani, secondo il Riesame «il gip non ha dato atto della divergenza chiaramente esistente fra le dichiarazioni rese» da alcuni testimoni. Anche per quando riguarda l’accusa di aver depistato l’inchiesta sui pm di Trani, «appare evidente l'appiattimento del giudice della cautela sulle argomentazioni sottoposte alla sua attenzione dall’ufficio di Procura» senza una «rilettura degli atti di indagine» e «neppure ha spiegato il gip - continua il provvedimento - come e perché sussiste il dolo del delitto di depistaggio».
Per il Riesame, infine, «con riferimento alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e alla loro qualificazione giuridica, la motivazione» dell’ordinanza d’arresto «è da ritenersi carente».

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