L'intervista

Mantovano: «Instabilità e formule ambigue possono far sprecare l'occasione Recovery»

Michele De Feudis

Per l'ex sottosegretario, ora consigliere della Corte di Cassazione, le risorse Ue saranno determinanti per il futuro della Puglia

Alfredo Mantovano, consigliere alla Corte di Cassazione e vice presidente del Centro studi Livatino, l’Italia attraversa un periodo di instabilità politica mentre è in fase di definizione il Recovery plan. C’è il rischio che il trasformismo divenga la stampella di soluzioni «raccogliticce» sul piano politico?
«L’instabilità e il tentativo di sopravvivere, aggregando anche singoli parlamentari, rischia di trasformare in ripartizione “a pioggia” una grande occasione di finalizzazione degli aiuti del Recovery Fund alle necessarie riforme strutturali».


Anche i documenti prodotti finora dal governo sono apparsi - secondo giudizi di economisti e addetti ai lavori - finora carenti al punto da essere riscritti più volte.
«Il limite più forte dell’ultima bozza del plan italiano è la genericità degli interventi: non vorrei che dietro questo ricorso a parole tanto altisonanti quanto poco concrete ci sia l’intento di avere un cappello “largo” per dare copertura al singolo giardino pubblico da restaurare perché interessa il collegio del senatore X, nuovo ingresso nella maggioranza, invece che per convogliare le risorse verso il potenziamento di settori trainanti».


Quali rischi di arretramento della legalità ci sono nel Sud correlati alla crisi pandemica?
«I rischi sono molteplici. La pandemia non ha causato problemi nuovi, ma ha enfatizzato problemi già esistenti. Così, la cronica difficoltà di accesso al credito, soprattutto al Sud, esalta amor di più oggi l’offerta di risorse finanziarie di provenienza illecita, non necessariamente a tassi usurari, che diventa strumento di riciclaggio e di alterazione del mercato».


In questi casi si rafforza anche il fenomeno dell’usura.
«Il crescente stato di bisogno di fasce di popolazione già prima borderline fa sì che in aree a forte penetrazione di tipo mafioso i criminali si presentino come coloro che rispondono alle necessità quotidiane perfino distribuendo viveri; così consolidano il consenso sociale e dilatano la distanza dalle istituzioni».

In tanti evidenziano le possibili infiltrazioni mafiose nelle aziende meridionali in crisi: che fare?
«Poiché, a differenza del vecchio detto, “pecunia olet” e lascia tracce, vi è anzitutto il livello del contrasto, che compete alle forze di polizia e all’autorità giudiziaria: rispetto al passato oggi ci sono strumenti efficaci per seguire i flussi finanziari anomali e per stroncarli».


Il contesto di rarefazione economica ha un peso rilevante.
«Certo, ma è decisivo il livello della prevenzione: l’imprenditore è indotto ad accogliere l’offerta di aiuto economico criminale perché, anche a causa delle garanzie che non può dare in epoca di pandemia, i rubinetti del credito legale sono chiusi, e perché, per le perduranti restrizioni anti-contagio, non è in grado di programmare entrate sicure. Il lavoro delle istituzioni va concentrato qui».

La debolezza del sistema economico si può prestare a favorire in Italia uno shopping straniero - in particolare cinese - con l’acquisizione anche di settori strategici?
«La Cina è il solo sistema il cui Pil nel 2020 è cresciuto, e con esso la propria capacità espansiva. La sua tendenza ad acquisire pezzi importanti delle economie europee non può trovare efficace resistenza da parte di un singolo Stato».


Chi dovrebbe intervenire allora?
«È una occasione per l’Europa per mostrare di esserci e di controbattere: sarebbe saggio ripensare “vie della seta” troppo entusiasticamente aperte un paio d’anni fa, o quanto meno condizionarne la realizzazione a garanzie serie, non a cedimenti incondizionati».

Portando lo sguardo sulla Puglia - che vive la fibrillazione legata al momento storico eccezionale -, le risposte giunte ai cittadini dalla politica e dalla Regione sono state esaustive sul piano sanitario, economico e politico?
«Preferirei guardare in positivo e in prospettiva, agganciando il futuro della Puglia alle risorse del Recovery Fund. Ci sono ancora territori pugliesi che vanno seriamente bonificati dalla presenza criminale, in primis l’area garganica: ciò esige investimenti in uomini e mezzi. È un esempio di quel che potrebbe significare una finalizzazione strutturale delle risorse».


La modernizzazione della Regione è passata finora dalla scommessa sul turismo. Finite le vacche grasse degli arrivi di grandi flussi di ospiti stranieri, su quali settori bisognerà avere la forza di scommettere?
«Parlo di quel che ricade nella mia competenza. Anche lo sviluppo turistico esige certezze. Il patrimonio naturale e culturale del Gargano, per stare all’esempio appena fatto, non ha finora trovato neanche parziale possibilità di sviluppo per carenze gravi sui fronti della sicurezza e della giustizia. Questi settori dovrebbero diventare parte della soluzione dei problemi, mentre con troppa frequenza sono stati finora parte dei problemi: in tal senso, gli investimenti da inserire nei plan aggiuntivi devono andare di pari passo all’abbattimento di pregiudizi ideologici da parte di non pochi rappresentati delle istituzioni pugliesi. Quei pregiudizi che - molto prima della pandemia - hanno regalato la diffusione della Xylella fino alle porte di Bari e il drastico ridimensionamento dell’Ilva».

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