L'intervista
«Così danneggiano il Sud e l'unità»: anche a Bari protesta contro l'autonomia differenziata
Il punto di vista della costituzionalista Marina Calamo Specchia
«Giù le mani dall’unità d’Italia, fermiamo l’autonomia differenziata che danneggia il Sud». Questo il convincimento di insigni studiosi e di quella parte della società civile che si riconoscono nei valori della Costituzione e della Legalità, come Anpi e Libera, e che ieri sono scesi in massa nelle piazze d’Italia.
«A Bari - spiega la costituzionalista Marina Calamo Specchia - abbiamo partecipato alla manifestazione nazionale indetta dai Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, di cui faccio parte sia come delegato al Comitato nazionale che come componente per il Comitato per l’unità della Repubblica Terra di Bari, che ha lanciato l’iniziativa cui hanno aderito la Rete dei numeri pari, Libera e Anpi. Chiediamo a gran voce il ritiro del disegno di legge quadro, del ministro Francesco Boccia, dal collegato alla legge di bilancio che si discute a partire da oggi (ieri per chi legge, ndr)».
Perché siete contrari?
«Perché l’autonomia differenziata non era prevista dalla Costituzione del 1948, è stata introdotta in via congiunturale nel 2001, come surrogato dell’autonomia speciale, per ammorbidire le richieste della Lega. Quindi, non può essere considerata un valore costituzionale fondativo. Inoltre, la Repubblica italiana si fonda su due pilastri che sono il principio di eguaglianza e la solidarietà perequativa. Principi che l’autonomia differenziata mette in seria discussione perché richiede il trasferimento alle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna dell’intero blocco di competenze che oggi sono esercitate in concorrenza con lo Stato. Parliamo di sanità, istruzione, ambiente, professioni, porti, aeroporti, reti di trasporto. E ciò in assenza della determinazione dei principi fondamentali».
Prefigurate territori di serie A e B?
«Sì - dice la professoressa -. E tutto ciò e stato messo in evidenza proprio dalla pandemia. Immaginiamo di moltiplicare quello che è avvenuto a livello sanitario, per tutte le materie menzionate. Si prefigura la disgregazione dell’unità territoriale della Repubblica, contrariamente a quanto richiede l’articolo 5 della Costituzione. Questo processo, poi, è opaco. È stato condotto tutto all’interno delle stanze del potere. Parte dal 28 febbraio 2018, quando un governo dimissionario, 4 giorni prima delle elezioni, ha aderito a dei pre-accordi che hanno siglato l’avvio del procedimento di autonomia differenziata con le tre Regioni interessate. Senza considerare che: primo, questi pre-accordi non hanno carattere vincolante, perché non sono previsti dalla Costituzione (art. 116, terzo comma) e, soprattutto, perché si tratta non di un diritto all’autonomia differenziata, ma che essa debba essere giustificata da particolari esigenze delle Regioni, che siano verificate dal Parlamento (solo organo costituzionale per stabilire cosa può essere attribuito alle Regioni e cosa no). Il che esclude ogni automatismo nell’attribuzione di ben 23 materie».
E dell’asserito impegno del Recovery pro-Sud che ne pensa?
«Si dice che il Recovery Fund servirà a risolvere il problema del gap di infrastrutture Nord-Sud, ma questo è vero fino a un certo punto, perché è un finanziamento straordinario. Come si finanzieranno le competenze da attribuire alle Regioni richiedenti? Il perdurante sotto-finanziamento delle Regioni, dovuto al mancato finanziamento del Fondo perequativo disposto con la legge 42 del 2009, ha creato un gap tra Nord e Sud che non si colma con interventi straordinari, ma con un piano ordinario di finanziamento dei servizi al Sud».