l'interrogatorio
Caso legionella a Bari, il dg interdetto: «Non esiste il piano di sicurezza delle acque»
Giovanni Migliore, direttore generale del più grande ospedale pugliese, è stato sentito il 4 dicembre: «Impossibile fare bonifica con i pazienti nei reparti»
BARI - Il piano di sicurezza delle acque «non esiste, non esiste al Policlinico di Bari come non esiste in nessun’altra azienda sanitaria d’Italia».
Giovanni Migliore, direttore generale del più grande ospedale pugliese, è stato interdetto per tre mesi nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Bari sulla mancata bonifica da legionella che avrebbe causato quattro morti tra 2018 e 2020. E alle contestazioni dell’accusa, che ha rilevato la mancanza di un atto ritenuto indispensabile, si è difeso sostenendo che non era vero («L’unico che ha l’obbligo a tutt’oggi in Puglia di adottare il piano di sicurezza delle acque è l’Acquedotto pugliese, non le aziende sanitarie») e che la responsabilità di occuparsi dell’infezione killer nei padiglioni «Chini» e «Asclepios» era del direttore sanitario, Matilde Carlucci (anche lei interdetta) «che ha competenza specifica su tutte le questioni di carattere sanitario».
Migliore, assistito dall’avvocato Carmelo Piccolo, è stato interrogato il 4 dicembre dal gip Giuseppe De Benedictis, dal procuratore aggiunto Alessio Coccioli e dal pm Grazia Errede: risponde (insieme ad altre cinque persone) di omissione di atti d’ufficio e morte come conseguenza di altro reato. E nel lungo elenco di gruppi di lavoro, task force, conferenze di servizi e riunioni fatto dal dg Migliore non c’è l’unica cosa che la Procura gli contesta: la bonifica della rete idrica dalla legionella.
La Procura gli chiede conto anche delle linee guida regionale del 2015, secondo cui esiste il dovere di analizzare il rischio in base all’epoca, al materiale di costruzione della rete idrica, della sua conformazione, dell’eventuale presenza di punti critici, determinare il piano di sicurezza delle acque. Migliore spiega ciò che dal suo insediamento (settembre 2018) ha messo in atto con riferimento alla «riorganizzazione strategica» sul problema infezioni in corsia e circoscrive l’ambito dei suo compiti: «Il direttore generale esprime una funzione di governo di direzione, di indirizzo e controllo complessiva e generale non ascrivibile ad aspetti di amministrazione attiva a rilevanza gestionale operativa immediata». «Io in piena scienza e coscienza - dice - non ritengo di avere qualcosa da rimproverarmi».
A un certo punto al Policlinico viene indetta una conferenza di servizi. Il pm Errede chiede a proposito se a tale data data il dg fosse conoscenza dei «livelli elevatissimi trovati nel padiglione Chini dell’Ufc della legionella». Migliore risponde: «Io a tale data avevo notizia da parte della direzione sanitaria, mia unica interfaccia nei confronti di qualunque accertamento tecnico» sul fronte della prevenzione.
«Avevo notizia della necessità di porre in essere interventi di sanificazione/manutenzione straordinaria che non potevano essere svolti in presenza dei pazienti». Il magistrato lo incalza: «Non avete preso in considerazione la possibilità di intervenire con provvedimenti di carattere immediato di sanificazione?». Ancora una volta Migliore fornisce un elenco di mail, pec e via discorrendo. Già, ma «quali sono state le determinazioni assunte?», insiste il pm. Migliore, verbale alla mano cita la parte che ritiene significativa: «La conferenza dei servizi termina con l’indicazione di esprimere un parere tecnico definitivo in merito a quanto detto al fine di riaggiornarsi nel più breve tempo possibile per assumere decisioni conseguenziali».
Correva il mese di ottobre 2020, e nulla era stato fatto. Sia gli indagati che la stessa Procura stanno valutando il ricorso al Tribunale della Liberta: i primi contro l’interdizione, i secondi per ottenere che sia portata a un anno.