emergenza coronavirus
Puglia, c’è pure l’eparina tra le armi contro il Covid
Il primario: al Policlinico di Bari sperimentazione già in corso
BARI - Le indicazioni sono arrivate. Come anticipato dalla «Gazzetta», la eparina (un anticoagulante) è ufficialmente entrata a far parte delle molecole utilizzate per contrastare gli effetti del virus Sars-CoV-2. L’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha infatti recepito le sollecitazioni dei medici di tutta Italia, i quali, in base alle iniziali evidenze cliniche poi suffragate dagli esiti dei primi esami autoptici, hanno iniziato a somministrare il farmaco non solo nella profilassi degli eventi trombo-embolici dei pazienti con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità, ma anche a dosaggio più elevato nei casi più gravi, quindi pure ai malati ricoverati nelle terapie intensive (ovviamente, da ventilare...), per quanto quest’ultima decisione poggiasse (e poggi tuttora) su evidenze preliminari («può essere considerata dopo un’attenta valutazione caso per caso», afferma l’Aifa) e riguardasse i pazienti con livelli elevati di attivazione della coagulazione. L’utilizzo terapeutico, dunque, sta entrando su larga scala nella pratica clinica. E, mentre sono in corso studi che ne certifichino la sicurezza e l’efficacia, già in molti considerano l’eparina fondamentale per combattere la Covid-19. Gli specialisti sono pressoché concordi nel ritenere che le migliori alleate del virus siano proprio le microembolie diffuse, come appunto verificato con gli esami autoptici, ipotesi confermata anche dalla considerazione che i decessi coinvolgono anche persone molto giovani, probabilmente a causa di una predisposizione individuale alla trombosi, peraltro già nota e accertabile con esami di laboratorio. Certo, la scienza ha i suoi tempi. Ma in periodo di medicina di... guerra a volte le terapie precedono i protocolli, tanto da far ritenere fake news anche episodi verificati e incontrovertibili.
POLICLINICO - Al Policlinico di Bari, l’eparina è somministrata da settimane secondo un protocollo concordato a livello nazionale con tutti i centri di Malattie infettive. «Avevamo notato anche noi - spiega Gioacchino Angarano, direttore di Malattie infettive - questi piccoli trombi. Infatti, somministravamo e continuiamo a somministrare l’eparina a basso peso molecolare. Per le embolie maggiori non ci sono criteri di diagnosi, ma ciò che ha stupito sono state le segnalazioni di alcune autopsie fatte su cadaveri nei cui polmoni, pur non avendo segni di grandi trombi, c’erano appunto delle microembolie. Quindi, bene ha fatto l’Aifa a suggerire di fare delle verifiche. Vorrei sottolineare che ci sono due tipi di pazienti. Per quelli con comorbilità, ai quali magari già non funziona un rene o per i quali ci sono patologie cardiache, se si aggiunge una malfunzione polmonare le probabilità di avere un esito infausto diventano molto alte. Poi ci sono malati altrimenti sani dal punto di vista fisico che hanno una reazione esagerata con parti dei polmoni fortemente danneggiate, tanto da essere indispensabile l’intubazione e la rianimazione. Ovviamente, è più semplice in un organismo giovane che la cura funzioni e che si guarisca».
LETALITÀ - Nel caso del nosocomio barese la letalità determinata dal nuovo Coronavirus è fortunatamente bassa, innanzitutto grazie alle restrizioni e alla capacità dei pugliesi di essere rigorosi (tranne eccezioni, ovviamente) nel rispettare le disposizioni di distanziamento sociale. Anche chi è tornato dal Nord (più di 20mila persone in Puglia) ha di fatto mostrato di avere l’intelligenza di comprendere come restare a casa fosse l’unico modo per mitigare la diffusione, tenere quindi basso il numero dei contagi e, conseguentemente, anche i ricoveri in ospedale dei malati più compromessi. «Stiamo sconfiggendo il virus - continua Angarano - perché la gente ha compreso come comportarsi. Sbaglieremmo se considerassimo la Covid-19 una malattia semplice essendo invece complessa. Aggiungendo un tassello alla volta al mosaico stiamo riuscendo a ridurre la mortalità. Ora aspettiamo le evidenze di laboratorio per valutare caso per caso i dosaggi della eparina da somministrare come terapia per i pazienti più gravi. Circa il piano terapeutico a livello territoriale, va innanzitutto detto che i pazienti dimessi dal Policlinico sono guariti e quindi non necessitano di ulteriori cure. Siamo dubbiosi al momento sulla somministrazione a domicilio soprattutto ipotizzando un autosomministrazione. Un conto è procedere in una situazione protetta, un altro farlo autonomamente a casa».
FARMACI - In attesa di evoluzioni, che possano eventualmente far scendere in campo i medici di medicina generale, al padiglione Asclepios l’area Covid-19 è sempre in assetto, adesso con un’arma in più. L’eparina, infatti, va ad aggiungersi ad altri farmaci: anti-malarici (con l’idrossiclorochina il virus rallenta sia nella sua attività sia nella sua replicazione), antivirali, già usati per combattere il virus dell’Hiv («se i sintomi sono comparsi massimo da cinque o sei giorni, possono avere un ruolo di accorciamento del decorso clinico»), e anti-infiammatori (perché le polmoniti restano, ovviamente). «Abbiamo riscontrato da tempo - continua Angarano - l’efficacia anche del Tocilizumab (un immunosoppressore solitamente usato nel trattamento delle artriti reumatoidi, ndr), che però non è da utilizzare in maniera generalizzata. Va somministrato in un periodo di tempo limitato per contrastare la tempesta citochinica nei polmoni creata dalla reazione immunitaria. Se arrivi troppo presto non serve. Ma non serve nemmeno se arrivi troppo tardi perché i danni polmonari possono essere ormai irreversibili. Indovinando il momento, invece, si riesce a far regredire la disfunzione polmonare tanto da riuscire a non intubare il paziente. Purtroppo ci sono difficoltà di approvvigionamento. Per fortuna abbiamo una piccola scorta perché i reumatologi, su richiesta della Regione, ci hanno dato dosi già acquistate. Detto questo, nessuno pensi di essere portatore della la verità assoluta. Però, tutti combattiamo incessantemente per sconfiggere il morbo».