Dopo l'inaugurazione
Fiera del Levante, spazi angusti e confusione: era meglio la vecchia sala
Lamentele e polemiche per la sala congressi dove si è inaugurata l'82esima Campionaria a Bari alla presenza del premier Giuseppe Conte
BARI - La Fiera del Levante, dai fasti dell’uscita dalla guerra a quelli del grande boom industriale, ha sempre avuto il suo fascino agli occhi dei governi che, per oltre 70 anni, si sono avvicendati sul palco. E oggi, alla veneranda età di 82 anni - portati benissimo, se si pensa alla devastante crisi economica che ha travolto l’Italia da almeno 10 anni - quel fascino è ancora lì, intatto, per chi - come il premier Conte - ieri è venuto a suonare la campanella dell’inaugurazione. Eppure, anche quest’anno qualcosa non ha funzionato nell’accoglienza. Quella che una manifestazione di prestigio come la Fiera dovrebbe essere in grado di garantire.
Faceva impressione, anche ieri, vedere i relatori (dal presidente della Regione al sindaco ai presidenti della Fiera) in piedi sul palco a cantare l’inno di Mameli mentre il presidente del Consiglio, ovvero l’ospite più prestigioso e atteso, seduto più in basso in prima fila, costretto ad attendere il suo turno per essere «degnato» del microfono e del posto. Era già accaduto con Gentiloni, lo scorso anno, e non è certo un bel vedere (per chi ci riesce), tanto da far rimpiangere - nonostante le nuove strutture allestite - il buon vecchio Padiglione Mezzogiorno o lo Spazio 7, oggi inspiegabilmente relegato all’esposizione degli stand dedicati al beauty. Spazi, quelli, decisamente più accoglienti.
Un piccolo, davvero piccolo centro congressi, poco arieggiato e che si sviluppa tutto in lunghezza. Dove, anche quest’anno, ci si è ritrovati accalcati all’affannosa ricerca di un posto da cui poter sbirciare verso il palco, lontanissimo per i malcapitati giornalisti. I quali, è bene ricordarlo, vengono lì per lavorare, non certo per farsi un giro. Meglio dell’81esima edizione, si dirà, visto che l’anno scorso i malcapitati di cui sopra furono addirittura relegati in uno spazio separato: se volete, la cerimonia inaugurale seguitevela in videoconferenza e scordatevi di avvicinare il premier per intervistarlo.
Solo «questioni di sicurezza»? Sarà. Ma allora come spiegare l’assegnazione dei posti, con un rispetto delle «gerarchie» che lascia basiti: le prime file destinate ai consiglieri comunali e agli imprenditori e, dalla decima in poi, parlamentari, consoli e chi più ne ha più ne metta? Insomma, che fine hanno fatto le gerarchie che ogni cerimoniale rispetta? E ancora: posti vuoti nelle prime file, al punto che - iniziata la cerimonia - alcuni degli addetti sono stati chiamati ad occupare quelle sedie, almeno per salvare il colpo d’occhio su una sala non solo poco ariosa, ma addirittura non gremita. Probabile che, quelle sedie siano rimaste vuote perché (anche qui «esigenze di sicurezza»?) ottenere un posto auto, per questa edizione, era come vincere un terno al lotto. Ti accrediti via mail ma per ottenere il pass auto devi venire a ritirarlo dal centro congressi (in pratica, chi non è riuscito a recarsi prima, avrebbe dovuto lasciare l’auto fuori dal quartiere fieristico e poi tornare all’auto col fatidico pass per rientrarvi). Quanti avranno pensato: «ok, ci rinuncio»?
Ecco, forse è il caso di chiedersi perché «non è più la Fiera di una volta», come tanti - anche ieri - si sono detti una volta calato il sipario della cerimonia inaugurale. A fare la differenza, spesso nelle cose più importanti, sono proprio i dettagli. E l’accoglienza è uno di quelli.