Il resoconto
Sanremo 2025, la «Gazzetta» alle prove all'Ariston: tutto quello che abbiamo visto
L’abbigliamento casual di Giorgia, la grinta della Brancale. Olly, Lauro, Noemi tra i favoriti. L'ordine di uscita sarà lo stesso di questa sera
SANREMO - E giorno zero fu. Finito il conto alla rovescia, stasera si entra nel vivo del Sanremo 2025 di Carlo Conti, che ieri pomeriggio ha aperto le porte del Teatro Ariston alla stampa per assistere alle prove generali. L’ordine di uscita degli artisti, salvo cambiamenti, per la puntata d’esordio dovrebbe essere lo stesso, si inizia quindi con Gaia, che parte da sola, poi raggiunta da quattro ballerini. Il battito delle mani arriva spontaneo sul ritornello, convincente anche la prova vocale, compreso un bel falsetto. Francesco Gabbani quando canta «Vivi la vita/così com’è» apre le braccia e ricorda Domenico Modugno. Live recupera moltissimo rispetto alla versione studio.
Terzo a salire sul palco Rkomi, giacca bianca aperta, forse in quota Fantasanremo. Canzone non immediata, le parole troncate a metà per rispettare la metrica non aiutano. Noemi elegantissima, in nero lungo, un brano che mette in risalto il suo graffiato che squarcia l’anima. Emozionata, sa che la canzone funziona e l’applauso in platea lo conferma. Irama entra su Ovunque Sarai suonata dall’orchestra, e ci si chiede dove sia quello che l’ha vestito per questa prova, visto che sembra il Soldatino di Piombo delle favole, con tanto di alamari. Il brano ricorda un po’ i suoi Sanremo degli ultimi anni, solita voce a rischio strozzatura, solito successone di pubblico. Con i Coma_Cose i cuoricini che danno il titolo al brano invadono i led della scenografia e gli spettatori applaudono a tempo.
Cristicchi inaugura il blocco centrale: gli trema la voce all’inizio, sa che il brano è d’impatto (tradotto: siamo tutti in lacrime), lui è immobile, le parole fanno il resto. Si ritorna sulla Terra con Marcella Bella e quattro ballerine. Graffiante, gonna e stivale in pelle, il ritornello è martellante, ma il rischio di trasformarsi in qualcosa di cringe è dietro l’angolo. Su Achille Lauro le aspettative sono alte: lui, la canzone (che dal vivo conserva intensità), un occhio di bue che lo illumina. Roma c’è.
L’abbigliamento casual di Giorgia, maglioncino e pantalone nero (il colore preferito del pomeriggio) scopriremo se nasconderà qualche colpo di stile: la voce sempre meravigliosa, forse più forte del brano stesso. La standing ovation dice tutto. Willie Peyote, accompagnato da due coriste, trasforma l’atmosfera e ci porta in un club, si ballicchia anche, cantando dello sfacelo della nostra società. Rose Villain torna all’Ariston e corregge sottovoce chi le sbaglia il nome (l’accento è sulla «i»). Canzone vocalmente difficile, la porta a casa senza problemi, e si diverte anche. Hit certa. Il producer Shablo al centro in consolle, insieme a lui Guè, Joshua e Tormento, un solido hip-hop che sveglia un po’ una scaletta senza troppi guizzi.
Il favorito Olly ha tutte le carte in regola per fare un buonissimo Festival: ritornello cantato con tutto il cuore, è il brano più «sanremese» a mani basse. ancora qualche riserva su Elodie (che potrebbe nascondere una performance diversa da quella vista). Brano meno d’impatto del previsto, voce sempre ok. Massimo Ranieri rende onore al palco del Teatro Ariston trasformando la performance in una pièce teatrale, il pubblico della tradizione è in estasi. Tony Effe saluta maestri (al plurale), orchestra, regala lo stornello che starebbe alla grande anche suonato in un’osteria di Trastevere davanti a una carbonara.
Breve pausa e si riprende con Serena Brancale, stivaloni di pelo, canta e suona con il producer Dropkick sul palco, non passerà inosservata. Brunori con chitarra, composto e intenso, una dedica d’amore di un padre a una figlia. Incanta. I Modà sono inconsapevoli protagonisti della cronaca di giornata che racconta che il leader Kekko Silvestre è caduto dalle scale e si è fatto male a una costola. Si parla di dolori forti e visite mediche, da grande professionista qual è non ce lo fa vedere.
La bellissima Clara, due Sanremo in due anni, si prende il palco con garbo e precisione nel timbro. Un brano che non avrà problemi a fare un ottimo percorso in radio. A differenza di quello di Fedez, che sembra ancora troppo debole, per musica e spessore, per coprire le altre notizie che lo riguardano. Lucio Corsi, giacca con spalline importanti, ormai sua cifra stilistica, inizia al pianoforte, poi avanza imbracciando la chitarra. È quasi teatro, e lui è un attore eccellente. Bresh meritava questo palco da più di qualche anno: La tana del granchio già funziona nella versione studio, live è ancora meglio. Un bel biglietto da visita per il genovese. Rocco Hunt canta i cervelli in fuga, il ritornello si ripete e coinvolge la platea, e il pubblico - già molto stanco - apprezza. La giovanissima Sarah Toscano ha 19 anni, ma la sua Amarcord entra in testa. Azzarda passettini per scendere le scale verso gli spettatori, si muove, fa il suo. Acerba, ma a carriera appena iniziata è un bene che sia così, che di storie di gente bruciata troppo presto ne scriviamo troppe.
Il trio finale si apre con Joan Thiele, raffinata, classe e tiro musicale, suona e canta e la canzone è di grande qualità, infatti secondo scaletta non canterà prima dell’1.15. Francesca Michielin, altra infortunata di questi giorni, entra dal lato del palco direttamente accompagnata da Carlo Conti, con una vistosa fasciatura alla caviglia. Timbro meraviglioso, brano cinematografico, sperando che riesca a catturare l’attenzione che merita anche a tarda ora. Si chiude con i The Kolors, la hit sembra un po’ quella dell’anno scorso, e siamo troppo stanchi per trovare differenze. Ci penserà il tempo e il percorso in radio. Buon Festival!