L'ultimo saluto
Addio a Rachele, l'anziana uccisa in casa: i funerali a San Giovanni Rotondo
La cerimonia funebre è celebrata dal vescovo Franco Moscone
SAN GIOVANNI ROTONDO - Dolore e lacrime ai funerali di Rachele Covino, l’anziana di 81 anni uccisa nella sua abitazione nella tarda mattinata di sabato 25 maggio a San Giovanni Rotondo nel Foggiano.
La cerimonia funebre, che si svolge nella chiesa di San Giuseppe artigiano, viene celebrata da padre Franco Moscone, vescovo della diocesi di Manfredonia, Vieste e San Giovanni Rotondo. Il sindaco Michele Crisetti ha proclamato il lutto cittadino.
Per l’omicidio è finito in carcere il 43enne Fabio Carinci, bloccato dai carabinieri completamente nudo ed in stato confusionale dopo aver aggredito e ucciso l’anziana e seminato terrore nella cittadina del Foggiano.
L'OMELIA DEL VESCOVO
«Gesù era presente sabato a quanto avvenuto e accoglie i sentimenti di tutti come allora accolse i sentimenti degli apostoli verso il cammino per Gerusalemme. Sgomento e paura stanno attraversando in modo forte e con sconcerto gli animi di ognuno di noi e soprattutto della famiglia di Rachele». Così padre Franco Moscone, arcivescovo della diocesi di Manfredonia Vieste San Giovanni Rotondo, durante l’omelia ai funerali di Rachele Covino, l’anziana di 81 anni uccisa nella sua abitazione a San Giovanni Rotondo la tarda mattinata di sabato 25 maggio.
Le esequie si stanno svolgendo presso la chiesa di San Giuseppe Artigiano colma di gente. Comunità rappresentata anche dal sindaco Michele Crisetti che ha dichiarato il lutto cittadino.
«Difficile trovare motivazione allo sgomento e alla paura - ha detto ancora l’arcivescovo - e la paura può condurre verso la ricerca di cause che non saranno mai trovate. Sgomento e paura vanno accolti e curati non in forma individuale, ma in modalità di comunione sentendosi veramente tutti membri dell’unica città che dobbiamo costruire e amare. Stiamo vivendo questo momento di preghiera per Rachele e i suoi familiari che la accompagnano al riposo eterno che renda noi capaci di sguardi verso il vangelo. Sguardi di carità e speranza sentendoci veramente uniti e solidali. Solo così possiamo vincere metastasi e virus che si annidano magari in forma non ben visibile nei nostri ambienti e che si manifestano in maniera improvvisa e violenta come è accaduto per Rachele».
«Non è una condanna o una richiesta di giudizio - ha rilevato - ma un appello ad essere più chiesa e attenti ai bisogni degli uni e degli altri e alle sofferenze non sempre evidenti vicino a noi». «Credo - ha concluso - che l’invito di Rachele dalla sua bara sia ad essere autentici discepoli del signore e cittadini capaci a darsi un futuro».