Cronaca

Foggia, Rocco Moretti: 33 anni trascorsi in carcere

Redazione Foggia

Ma il suo clan non ha mai perso la vocazione affaristica

FOGGIA - “Rocco Moretti per il suo spessore criminale è riconosciuto sia dalla Giustizia che dall’opinione pubblica non solo dauna il simbolo della Società foggiana. In qualità di fondatore e capo indiscusso del clan, di cui ancora oggi è riconosciuto il vertice, gode anche per interposta persona di beni acquisiti in misura sproporzionata al reddito, in quanto acquisiti nella sua sfera patrimoniale in ragione dell’attività delittuosa lui attribuita”. Lo scrivono i tre giudici del Tribunale di prevenzione di Bari che hanno accolto la proposta di procuratore capo della Dda e di direttore della Dia e disposto il sequestro di beni stimati dagli investigatori nell’ordine di 2 milioni e mezzo, del boss foggiano.

Soli 20 mesi di libertà Rocco Moretti detto il “porco”, 74 anni il prossimo dicembre, ex camionista, padre di 4 figli avuti da 2 compagne, dal primo luglio ’89 quando fu catturato dopo 18 mesi di latitanza a oggi ha trascorso dietro le sbarre oltre 33 anni in seguito a condanne per omicidio, mafia, droga, armi. E’ stato libero per 20 mesi: dal 31 luglio 2014 al 14 novembre successivo; e dal 12 aprile 2016 al’9 ottobre 2017 quando fu fermato per aver preteso un pizzo di 200mila euro a Lazzaro D’Auria, uno degli imprenditori simbolo di ribellione al racket. Attualmente sconta 15 anni e 4 mesi per mafia, estorsione e armi; ed è sotto processo in “Game over” per traffico di droga aggravato dalla mafiosità: fu lui – dice la Dda – nel 2016 a stringere un accordo con un esponente del clan rivale Sinesi/Francavilla per gestire in regime di monopolio lo spaccio di cocaina in città, imponendo a grossisti e pusher di rifornirsi solo dalla “Società”: affare da 200mila euro al mese, con 10 chili e 50mila dosi smerciate ogni trenta giorni.

Tre generazioni in cella – Nell’estate 2007 intercettato nel carcere di Palmi designò il figlio che era andato a trovarlo, erede dell’… impero mafioso; imperversava una guerra tra clan e il boss ammonì ij figlio “a farsi cacciatore e non lepre”; e gli annunciò: “a te teniamo, il bastone è passato a te”. Tre generazioni dei Moretti si ritrovano al momento in cella: Rocco senior; il figlio Pasquale classe ’77; il nipote Rocco junior classe ’97, figlio di Pasquale, nella cui abitazione a dicembre 2019 fu trovata la lista di affiliati e stipendi mensili e l’elenco delle vittime del racket. In cella tornò un anno fa, il 14 marzo 2023, anche la figlia Anna Rita Moretti classe ’79 (scarcerata qualche mese dopo) coinvolta in un blitz antiusura della Dda de L’Aquila che indaga sui tentacoli del clan Moretti estesi nella zona di Pescara con prestiti a strozzo e fittizie intestazioni di beni.

La vocazione affaristica La storia criminale del “porco” l’ha così posto a capo del clan Moretti/Pellegrino/Lanza, una delle tre batterie della “Società”, la mafia cittadina “protesa a una serie indeterminata di delitti attraverso una spiccata vocazione affaristica e una notevole capacità di infiltrarsi nei tessuti politico-imprenditoriali radicati non solo nel territorio foggiano” annota il Tribunale di prevenzione di Bari, ricordando come la Società riversò sin dai suo primi anni di vita e morte “le proprie attenzioni sui fondamentali poli strategici dell’economia dauna: la produzione del pomodoro” (imposizione di un pizzo di mille lire per ogni quintale prodotto nei primi anni Novanta); “e l’attività edilizia” con agguati a costruttori per imporre il pizzo: Nicola Ciuffreda e Giovanni Panunzio uccisi, Eliseo Zanasi e Salvatore Spezzati feriti e scampati morte. La Società “ispirata ai canoni d’impostazione strutturale della ‘ndrangheta attraverso rituali di affiliazione, oggi ha permeato le sue propaggini all’interno delle attività imprenditoriali e nel tessuto politico, sino a determinare nell’agosto 2021 lo scioglimento del consiglio comunale, stringendo alleanze anche con importanti cartelli mafiosi radicati in altre città”, come il clan dei Casalesi.

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