Criminalità
Commissione Antimafia a Foggia l'8 settembre: sarà la 12esima volta
La prima fu per la strage del «Bacardi»
La prima volta, ottobre 2006: “c’è una criminalità a macchia di leopardo, esistono zone critiche, attenzione ai rischi di infiltrazione e ai fenomeni estorsivi molto diffusi e sommersi”. E l’ultima, maggio 2019: concetti di borghesia mafiosa e terra di mezzo ormai abituali, anche se lo Stato sta reagendo come raccontano blitz, arresti, processi, condanne. La storia di “Società”, mafia garganica e cerignolana, dal 2017 ormai assurte a “quarta mafia d’Italia” dopo Cosa nostra, ‘ndrangheta calabrese, è narrata anche dalle 11 visite della commissione parlamentare antimafia succedutesi dall’ottobre ’86 al maggio 2019. E in attesa che l’organismo parlamentare ritorni per la 12° volta con le audizioni in prefettura previste per l’8 settembre.
La prima storica visita è datata ottobre ’86, la commissione la presiedeva il comunista Gerardo Chiaromonte, e l’allora sindaco ritenne che fosse una macchia per Foggia. Cinque mesi prima, la notte sul primo maggio ’86, nel circolo privato Bacardi di piazza Mercato erano state ammazzate 4 persone e ferita una quinta in quello che non era solo un regolamento di conti tra bande rivali come pensarono, sbagliando e sottovalutando, investigatori e inquirenti (la Gazzetta scrisse: “questa è camorra, è guerra di camorra), in quanto erano le conseguenze della prima delle sette guerre della quarantennale storia della “Società foggiana” di cui nell’86 si ignorava l’esistenza, che sarebbe stata scoperta solo nel ’94 con il maxi-processo Panunzio (67 imputati, 21 assolti, 46 condanne, riconoscimento per la prima volta della mafiosità della mala cittadina). Sull’onda del clamore suscitato dalla mattanza – resta il più grave fatto di sangue della storia della mafia pugliese, “pareggiato” in brutalità dai 4 morti del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis agguato legato alla guerra nei clan garganici – la commissione antimafia venne a Foggia, ascoltò, prefetto, vertici della forze dell’ordine e magistrati, prese nota di allarmi e sottovalutazioni e scrisse in relazione che nel Foggiano c’era una “criminalità a macchia di leopardo, con zone critiche, rischio di infiltrazioni, fenomeni estorsivi diffusi e sommersi per la paura delle vittime a denunciare”. C’erano tutti i campanelli d’allarme necessari, a volerli sentire…
Tre anni più tardi, a maggio ’89, nuove audizioni in prefettura a Foggia per tracciare un quadro più allarmante, anche in questo caso la visita fu accompagnata da polemiche tra politici locali. L’organismo parlamentare prese atto delle grandi truffe miliardarie all’Aima (false fatture per lucrare sui contributi erogati dall’azienda per l’intervento sul mercato agricolo) in una delle capitali d’Italia quanto a grano e pomodoro; si accorse che “la criminalità locale è strutturata su modelli di altre pericolose realtà criminali”, anticipando quello che indagini e sentenze avrebbero svelato dai primi anni Novanta sui riti di affiliazioni mutuati da camorra e ‘ndrnagheta; e accese i riflettori “sui centri di potere economico-affaristici che influenzano i vari settori della vita cittadina”.
Sarà una “relazione esplosiva” quella annunciata da un componente della commissione dopo la terza visita in città del 24 giugno ’91. Il report stilato e reso noto negli anni successivi non rese… onore all’annuncio. L’organismo prese atto però di una situazione peggiorata sul fronte della sicurezza e della gravità dei fenomeni criminali; registrò “i malesseri tra magistrati”; accese i riflettori sugli affari del mattone, dedicando molta attenzione al settore edilizio, al lungo iter per l’approvazione del piano regolatore; denunciò che “molti imprenditori fanno gli usurai, usando i malavitosi come esattori”. Uno dei commissari ai cronisti dopo le prime audizioni parlò di “spaccati dell’economia in mano alla criminalità organizzata; economia contrattata edilizia-urbanistica fonte di inquinamento”.
Che i costruttori fossero nel mirino della “Società” lo dimostrò drammaticamente l’omicidio di Giovanni Panunzio ucciso il 6 novembre ’92 per aver rifiutato di pagare 2 miliardi al racket e denunciato gli estorsori. Due mesi dopo, il 28 gennaio ’93, quarta visita a Foggia della commissione antimafia cui le forze dell’ordine consegnarono la prima mappa del crimine stilata: 10 i clan censiti tra Foggia (300 affiliati e/o contigui alla Società) e provincia, attualmente la Dia ne conta una trentina.
Fu ancora una volta un azione eclatante – l’assalto al caveau della Np service al Villaggio artigiani della notte del 25 giugno 2014 quando la città fu messa e ferro e fuoco e solo il coraggio di due poliziotti a evitare una rapina da 14 milioni: la volante riuscìi a superare lo sbarramento delle vie d’accesso con auto e camion incendiati e ingaggiare un conflitto a fuoco con i rapinatori costringendoli alla fuga – a far decidere la commissione parlamentare per tornare a Foggia per la nona volta il 31 luglio 2014, che curiosamente coincise con la scarcerazione per fine pena di uno dei capi storici della mafia foggiana dopo 25 anni (tornato in cella nei mesi successivi e ora ancora detenuto). La presidente Rosy Bindi dopo le audizioni ai cronisti disse: “abbiamo trovato una situazione grave di cui non si parla affatto a livello nazionale; qui ci sono mafie molto violente che hanno a disposizione mezzi straordinari e si avvalgono di omertà molto radicata”. Peraltro nelle audizioni fu fatto presente ad alcuni commissari che la mafia foggiana contrariamente a quanto da loro ipotizzato non aveva nulla a che fare con la “Sacra corona unita” del Salento (giusto per dire della conoscenza dei fenomeni foggiani a livello nazionale). C’era ancora Rosy Bindi a presiedere la commissione nella decima visita datata 26 aprile 2017 e ribadire i concetti di un anno prima: “La provincia di Foggia è un caso nazionale, le mafie autoctone sono state sottovalutate a tutti i livelli mentre si sviluppavano a facevano il salto di qualità. Però l’azione di contrasto delle forze dell’ordine e magistratura è stata organizzata in maniera efficace, pur se è insufficiente. Chiederemo a ministri di Interno e Giustizia e Governo di fare una fotografia realistica di questa provincia, aumentando gli organici di forze di polizia e magistratura. Necessario se non inderogabile una riflessione sul caso Foggia”.
L’undicesima visita dell’Antimafia si è svolta con una quarantina di audizioni tra Foggia (9 e 10 maggio 2019) e Roma (febbraio 2020/febbraio 2022). La relazione depositata nel gennaio scorso ha preso atto dell’”elevate capacità di infiltrazione delle mafie foggiane nel tessuto amministrativo-economico-sociale, come testimonia nell’ordine lo scioglimento dei consigli comunali di Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia, Foggia e Orta Nova. Nei consigli sciolti si registrano in maniera sistematica punti di contatto tra macchina amministrativa, politica e imprenditoria criminale; a Foggia i titolari di società che erogano servizi comunali sembrano collegati alle consorterie criminali, la cui ingerenza in differenti aree amministrative è favorita da una colpevole inosservanza delle disposizioni normative da parte degli apparti amministrativi nelle procedure seguite per gli affidamenti”.