evoluzione criminale

Foggia, la borghesia mafiosa dietro gli affari dei clan

Redazione Foggia

Le sottovalutazioni degli inquirenti dietro la crescita della "Società: Le denunce dell'antimafia

FOGGIA - Criminalità foggiana presente a macchia di leopardo sul territorio con zone critiche; rischio di infiltrazioni; fenomeni estorsivi diffusi e sommersi per la paura delle vittime di denunciare i propri aguzzini. Una situazione andata via via peggiorando negli anni. Tre, infatti, i punti salienti sottolineati dalla commissione parlamentare antimafia sul “caso Foggia” dopo la prima visita che risale al 15 ottobre 1986: ne sono seguite altre nove.

Bisogna rimandare le lancette indietro di trentasei anni, riavvolgere il filo della memoria e ripensare a quel campanello d’allarme suonato invano, guardando alla situazione attuale con 30 clan sparsi in quasi tutta la Capitanata.

Il pericolo di infiltrazioni da anni non è più rischio ma realtà, se si pensa ai 5 consigli comunali sciolti da luglio 2015 a oggi (Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia e Foggia) per sospette infiltrazioni mafiose; ora rischia anche il Comune di Orta Nove dov’è al lavoro la commissione d’accesso agli atti della pubblica amministrazione.

Nell’ottobre ’86 le audizioni di prefetto, magistrati e forze dell’ordine davanti all’Antimafia furono decise anche sull’onda del clamore per la strage al circolo Bacardi del primo maggio di quell'anno con 4 morti e un ferito; la mattanza, ma lo si sarebbe scoperto solo negli anni Novanta coi primi maxi-processi, era collegata alla prima delle sette guerre tra clan della “Società” che metteva le mani sulla città.

La commissione parlamentare presieduta da Abdon Alinovi accese quindi un riflettore su Foggia e invitò a stare in guardia, ma la guardia non si è tenuta alta tant’è che la stessa commissione parlamentare dopo con la visita del 31 luglio 2014 con la presidente Rosy Bindi, prese atto che la situazione era stata sottovalutata per troppo tempo a livello nazionale, peraltro anche da componenti del medesimo organismo che riferendosi alla Capitanata parlavano di “Sacra corona unita”, che opera nel Salento e non c’entra nulla coi mafiosi foggiani.

Nel 2017 l’allora procuratore nazionale Franco Roberti parlò di “quarta mafia d’Italia”, definizione che ingloba “Società foggiana”, clan garganici e criminalità organizzato cerignolana. Quarta mafia dopo Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, ma anche “Società primo nemico dello Stato”, disse l’allora procuratore nazionale Federico de Raho a novembre 2020 in occasione del blitz “Decimabis” contro la mafia del pizzo e 40 arresti in città. Allo stesso de Raho si deve la definizione di “borghesia mafiosa” durante un convegno a Foggia.

Concetto ricorrente nelle più recenti relazioni della Dia: «I clan foggiani coniugando tradizione e modernità hanno manifestato una crescente propensione affaristica e una capacità di interagire nella cosiddetta zona grigia o borghesia mafiosa; è la terra di mezzo, il punto d’incontro in cui convergono interessi della criminalità e di alcuni esponenti infedeli dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione. La mafia foggiana ha una spiccata vocazione imprenditoriale con una significativa ingerenza nella gestione della cosa pubblica, che crea complesse reti relazionali di amicizie, frequentazioni e cointeressenze tra amministratori comunali, dipendenti di enti locali e soggetti appartenenti o contigui a famiglie mafiose. La capacità dei sodalizi mafiosi di influenzare a proprio vantaggio il processo decisionale della pubblica amministrazione è confermata dai provvedimenti di scioglimento di cinque consigli comunali».

[red.cro.]

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